Studi Romagnoli - VIII (1957) Faenza - Fratelli Lega Editori.   

   

ANTONIO VEGGIANI

LA GROTTA DEL RE TIBERIO NEI GESSI DI RIVOLA

Fra i fenomeni carsici, che appaiono nelle formazioni gessose romagnole del Miocene superiore, quelli compresi fra la valle del Lamone e del Senio sono certamente i più importanti. Sono infatti qui evidenti tutta una serie di elementi morfologici connessi con la relativamente facile solubilità dei gessi e con le fratture che in essi si sono formate: dalle doline fino a cento metri di diametro fra il Monte Mauro (m. 515) e il Monte della Volpe (m. 497), ai pozzi, inghiottitoi, abissi, caverne e grotte percorse o no da piccoli corsi d'acqua, alle risorgenti, a quelle caratteristiche solcature sulle pareti rocciose dovute in massima parte alla semplice dissoluzione chimica superficiale. Basta percorrere la valle del Senio, oltre Riolo dei Bagni. e giungere nel piccolo centro abitato di Rivola per rendersi conto dell'imponenza delle rocce gessose e di quei fenomeni naturali con esse collegati.

Il fiume Senio, nel suo lento abbassarsi durante i millenni trascorsi, ha quivi aperto una grande breccia e scorre ora alla base di due rupi formate da potenti stratificazioni di gesso cristallizzato (selenite) che danno al paesaggio un aspetto del tutto originale e caratteristico.

Sulla rupe in destra del Senio ad una altezza di m. 80 dal fondovalle, proprio di fronte a Rivola, si apre la tanto popolare Grotta del Re Tiberio da secoli nota agli abitanti della valle, dell' Imolese e del Faentino per le strane e curiose leggende che su essa circolano.

Sembra accertato che la voce Re altro non sia che la traduzione dialettale di rio, torrente, mentre Tiberio deriverebbe, secondo alcuni, dall'essere vicina ad una antica pieve detta di S. Maria in Tiberiaco e secondo altri dal nome di una certa famiglia faentina Tiberia Claudia.

Nonostante il ripido sentiero, che s'inerpica in mezzo a massi di gesso, numerose sono le persone, turisti, studenti, comitive in gita domenicale che visitano quell'interessante speco. Purtroppo spesse volte sono stati praticati scavi abusivi, senza alcun intendimento scientifico, col solo scopo di rinvenire qualche coccio antico o con la speranza di scoprire non si sa quale fantastico tesoro. E così si sono in più punti sconvolti gli strati rendendo difficile l' interpretazione di quell' accumulo di manufatti posti a vari livelli nel terriccio della grotta. Ma gli scavi regolari praticati nel secolo scorso da valenti studiosi quali Giacomo Tassinari, Giuseppe Scarabelli e Domenico Zauli-Naldi ci hanno sufficientemente dimostrato che la grotta fu frequentata dall' uomo fin dall' epoca eneolitica, raggiungendo la sua massima importanza nell'età del bronzo essendo sede di un culto, non si sa bene verso quale divinità, rimasto attestato dai numerosi vasetti fittili votivi rinvenuti a centinaia nell'antro e che tanto assomigliano a quelli ben noti della Grotta di Pertosa presso Salerno.

Negli anni 1941 e 1942 ebbi modo di eseguire alcune escursioni e un piccolo saggio di scavo nell'interno della grotta che mi permise di venire in possesso di dati di un certo interesse. Infatti riuscii a saggiare un piccolo deposito, apparentemente non sconvolto, ad una diecina di metri dall'entrata verso la parete sinistra e nel punto indicato da vari ricercatori come più ricco di quei tanto caratteristici piccolissimi vasetti di terracotta sul cui carattere sacro e votivo non vi può essere ormai alcun dubbio (1). Lo scavo da me praticato raggiunse la profondità di m. 1,70 rinvenendo numeroso materiale che poteva raggrupparsi in due distinti periodi: un primo gruppo di manufatti, proveniente dagli strati più superficiali, era di epoca romana mentre un secondo gruppo, venuto alla luce nella parte più profonda dello scavo, era rappresentato da materiale fittile dell'età del bronzo. Darò ora l'elenco di quanto raccolto a partire dall'alto fino alla profondità di m. 1,70 punto in cui si dovette interrompere il lavoro per la scarsità dei mezzi a disposizione. 

EPOCA ROMANA

1) Gran quantità di frammenti parietali di vasi torniti in terracotta giallastra abbastanza fine, in minor copia di ceramica di colore grigiastro.

2) Fondo di tazza o ciotola di ceramica giallastra, di impasto fine, senza vernice, con tracce di incrostazioni calcareo-gessose.

3) Parte di fondo di bella tazza a vernice nera con iridescenze azzurrastre. E' questo un tipico manufatto di ceramica cosiddetta campana riferibile presumibilmente al 30 secolo avanti Cristo.

4) Ossame vario.

EPOCA PREISTORICA

1) Fusaiola, rotta da una parte, di ceramica grigio-nerastra, inornata, di forma biconvessa con foro cilindrico. Ha un diametro di cm. 4 ed uno spessore massimo di cm. 3, il foro ha un diametro di cm. i.

2) Frammenti parietali di orci globoidali di ceramica grigionerastra inornata. Si notano, specie osservando questo materiale fittile a luce radente, le tracce di lisciature operate con la spatola tanto che alcune parti acquistano un aspetto lucente. Lo spessore varia dai 7 agli 8 mm.

3) Altri frammenti parietali, ma con tracce dell'orlatura diritta, senza alcuna speciale caratteristica. Alcuni presentano la faccia esterna di colore rossastro mentre la parte interna è di un colore nerastro.

4) Piccoli vasettini fittili votivi in numero di ventitre di svariate forme. Sono costituiti in genere di terracotta rossastra ed internamente di colore nerastro, alcuni sono poco cotti, altri sono ancora crudi.

Meritano speciale menzione i seguenti tipi:

a) vasettini di forma cilindrica, di altezza variabile dai 15 ai 17 mm., diametro da 22 a 25 mm. Questi sono poco frequenti;

b) altri, più numerosi, di forma tronco-conica, di altezza variabile dai 2o ai 22 mm. con una larghezza massima di mm. 30;

c) tre vasettini con due prese laterali forate, di altezza di mm. 25 e larghezza alla orlatura di mm. 40:

d) un vasettino con una sola presa verticale sporgente dall'orlatura.

5) Un pezzo di ocra rossa, di bel colore sanguigno, del diametro di cm. 3 ed uno di ocra gialla del diametro di cm. 2.

Il rinvenimento di campioni di ocra rossa (ferro oligisto o ematite a struttura polverulenta e granulare) e l'ocra gialla (formata da limonite polverulenta) riveste una certa importanza ai fini di un esame chimico e mineralogico onde stabilire un eventuale centro di provenienza di tali caratteristiche sostanze minerali tanto ricercate nella preistoria (2).

Come è noto le ocre, specie quella rossa, sono le sostanze preferite da tutti i popoli primitivi a partire dal paleolitico superiore. Del resto ancora oggi il nomade australiano porta seco un sacchetto di pelle di canguro con dentro vari tipi di ocre per tingere la sua elle nerastra; i Boscimani si tingono il viso ed i capelli con ocra rossa Il tatuaggio, la colorazione dei morti con l'ocra rossa, che ricorda il colore del sangue e la luce solare, hanno condotto alla ricerca di tale caratteristico minerale tanto da farne uno dei principali articoli di scambio nei traffici dei popoli primitivi (3).

Esempi tipici di sepolture su strati di ocra rossa, con corredo di vasetti, macine e macinelli tutti intrisi della stessa sostanza colorante, vennero alla luce nelle grotte della Liguria, da quelle di Grimaldi a quella delle Arene Candide, un po' in tutti gli strati ma specialmente in quelli del paleolitico superiore (4).

Pezzi di ocra non erano ancora stati scoperti negli strati preistorici della Grotta del Re Tiberio, erano però state notate le tracce di ocra rossa nell'interno dei piccoli vasetti fittili rinvenuti numerosissimi nel secolo scorso ed ora esistenti nel Museo Comunale di Imola. Se ne accorse per primo L. M. Ugolini (5) osservando quei caratteristici manufatti e la presenza dell'ocra rossa fu considerata, da quel valente archeologo, come un desiderio di offrire alla divinità un oggetto prezioso ed assai ricercato. Quei minuscoli vasetti, a detta dell'Ugolini, venivano appunto fabbricati solo per essere presentati in dono alla divinità dell'acqua, tale infatti era il culto cui potevano riferirsi a causa anche dell'esistenza di una sorgente nell'interno della grotta, e destinati a contenere esigue offerte e speciali doni, quale l'ocra. Erano quindi dei semplici donaria o ex voto deposti in quello speco dai fedeli per riconoscenza dei benefici ricevuti.

Numerosi vasettini raccolti durante il mio saggio di scavo mostravano internamente, ed alcuni anche esternamente, tracce di ocra rossa e ciò confermava che quanto notato dall'Ugolini non costituiva un fatto isolato.

A conferma ancora di quanto asserito da Ugolini stesso vengono alcune scoperte fatte da un appassionato cultore di antichità, il signor Riccardo Lanzoni di Ravenna, Ispettore onorario alle Antichità per la valle del Senio, nel periodo 1923-1935.

Il Lanzoni ebbe la fortuna di rinvenire cinque vasetti fittili contenenti ancora piccoli oggetti in bronzo: anellini, pendagli, frammenti metallici, costituenti evidentemente particolari doni fatti alla divinità. Due di questi vasetti, contenenti anellini in bronzo, furono donati dal Lanzoni al Museo Comunale di Imola mentre gli altri tre sono ancora conservati da quell' appassionato ricercatore (6).

Giova far notare come già nel secolo scorso si scoprirono due di quei soliti vasettini contenenti, al dire di Scarabelli (7), una materia fusibile (forse pezzettini di metallo identici a quelli scoperti dal Lanzoni) e ciò avvalorò l'ipotesi che si trattasse di crogiuoletti destinati a fondere metalli o perle di vetro. Ma poi si accertò che tali vasetti non reggevano al fuoco e si finì col considerarli di uso e destinazione alquanto incerta ed oscura. Nonostante ciò lo stesso Scarabelli, da osservatore attento qual'era, pensò che la vera destinazione di tali vasetti dovevasi per altro ritenere rivolta a qualche uso importante ed esteso a quei tempi. Più tardi Luigi Pigorini (8), pur non precisando il culto cui potevano servire, ammetteva il loro carattere sacro e votivo.

 

Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3 Fig. 4 Fig. 5
  
Fig. 1 - Grotta del Re Tiberio: vasettini votivi.
Fig. 2 - Grotta del Re Tiberio: vasettini votivi visti dall'alto (grandezza naturale).
Fig. 3; Grotta del Re Tiberio: vasettini della stipe votiva visti dall'alto.
Fig. 4 - Grotta del Re Tiberio: vasettini della stipe votiva con ex voto (metà della grandezza naturale). Collezione R. Lanzoni, Ravenna.
Fig. 5 - Grotta del Re Tiberio: oggetti rinvenuti nella stipe votiva (metà della grandezza naturale). Collezione R. Lanzoni, Ravenna.

 

BIBLIOGRAFIA

Ho creduto opportuno, data l'importanza di questa grotta romagnola nel campo degli studi preistorici, naturalistici e geologici, dare una vasta bibliografia, seguita da brevi note, onde possa eventualmente servire a quanti volessero in seguito occuparsi di questa interessante stazione preistorica.

1, 1596. POMPEO VIZANI, Diece libri delle historie della sua patria, presso gli Heredi di Gio. Rossi, in Bologna 1596, p. 84.

Viene riferito che nell'anno 1200, essendo Podestà di Bologna Rolando Rossi parmigiano, vi fu una rivolta, capeggiata da tale Alberto di Arardo Caporella, a Sassatello castello sotto il dominio dei bolognesi. Fu allora ordinato dal Consiglio che il podestà Rolando, con un gruppo di uomini ben armati, si recasse a riconquistare il castello perduto. Il ribelle Alberto, non potendo resistere all'assalto dei Bolognesi, « si ritirò co' suoi compagni in una grotta cauata dalla natura in una montagna; il che hauendo inteso il Podestà, quiui andò à trouarlo, e ponendo paglia, e legne verdi all'entrata della spilonca, fece sì co fuoco, e fumo, che fù forzato Alberto di uscir fuora co' suoi compagni, che tutti furono da Bolognesi mandati à fil di spada... ». Questa è la descrizione data dal Vizani, ma diversi storici locali asseriscono che la « grotta cauata dalla natura in una montagna » altro non era che la Grotta del Re Tiberio nella valle del Senio.

2, 1829. PIETRO SALVADORE LINGUERRI CERONI, Cenni storici sulla valle del Senio, dai Tipi di Giuseppe Benacci, Imola 1829, pp. 27.28.

L'A., dopo aver notato che l'abitato di Casola anticamente era la Pieve di S. Maria in Tiberiaco, afferma che altro nome, derivato da Tiberio, viene portato da una famosa grotta scavata nei gessi sulla destra del fiume Senio di fronte a Sassatello. Riferisce inoltre che fuori della grotta si vedono due abbeveratoi per raccogliere acqua e che lo scavo dei primi ambienti fu fatto a scalpello. Segue la descrizione del fatto d'arme avvenuto nell'anno 1200, già citato dal Vizani, ritenendo credibile che la grotta ricordata sia appunto quella del Re Tiberio.

3, 1831. BASILIO AMATI, Delle Origini Romagnuole, Tip. Casali, Forlì 1831, p. 9.

Notando che Bagnacavallo è detto Tiberiacum, che Casola è la Pieve di S. Maria de Tiberiaco dell'anno 932 e che una portentosa tana porta il nome di Tiberio, l'A. propende a credere che Tiberiacum sia piuttosto il nome di tutto il corso del fiume Senio.

4, 1845. GIOVANNI ORLANDI, Riolo e le sue acque minerali. Lettere descrittive, Tip. di Giuseppe Tiocchi e C., Bologna 1845, pp. 19.21.

Breve descrizione della grotta. Anche in questo lavoro viene menzionato il fatto del 1200. E' notata la presenza di guano nei depositi accumulatisi internamente alla grotta.

5, 1851. G. SCARABELLI, Note sur l'exlstence d'un ancien lac dans la vallèe du Senio, en Romagne, « Bulletin de la Société Géologique de France », Toni. VIII, 2- Ser., 1850-51, Paris 1851, pp. 201-202.

L'A., dopo aver ammessa l'esistenza di un antico lago a monte della vena del gesso » che sbarrava il corso del fiume Senio, dà una breve descrizione della grotta giudicata molto vasta e pittoresca. Nota che è scavata sulla riva destra del Senio all'altezza in cui dovettero rimanere per lungo tempo le acque del piccolo lago. L'articolo porta la data: Imola Giugno 1847.

6, 1865. GIACOMO TASSINARI, Fouilles dans la Grotta del Rè Tiberio, grès d'Imola, Italie, Lettre du 18 mai 1865 communiquée par M. Scarabelli, sénateur du royame d'Italie, auquel elle était adressée, « Matériaux pour l'Histoire Positive et Philosophique de l'Homme », a. i, Paris 1865, pp. 484.486.

Giacomo Tassinari di Imola fu il primo che eseguì scavi regolari nella grotta in tre punti diversi fino alla distanza di una cinquantina di metri dalla entrata. Arrivò ad una profondità di tre metri dovunque incontrando un terreno rimaneggiato contenente carboni e ceneri e qualche ciottolo calcareo simile a quelli che si rinvengono nel letto del Senio. In mezzo a questo terreno rimaneggiato furono scoperti vasetti fittili di piccole dimensioni, frammenti di vasi più grandi ed inoltre ossame vario. Altro materiale scoperto ha fatto pensare che la grotta fu anche rifugio, in tempi non lontani, di malfattori e falsari. Fra il materiale scoperto a meno di un metro di profondità infatti si notano due frammenti di crogiuoli, un pezzo di metallo residuo di fusione, due frammenti di oggetti lavorati in rame, varie ossa di ruminanti. Interessante invece il materiale rinvenuto ad una profondità da due a tre metri: 38 piccoli vasi fittili del diametro variabile da 20 a 25 mm., di forme diverse, alcuni senza anse, altri con due anse forate trasversalmente oppure con anse non forate, altri ancora con quattro protuberanze attorno in vece delle anse. Tutti comunque sono lavorati a mano grossolanamente, di cottura imperfetta e qualcuno anche non cotto. Fra l'abbondante materiale rinvenuto si notava anche una fusaiola, un'ansa orizzontale, due anse verticali delle quali una lunata, molti frammenti di vasellame grossolano a pareti spesse ed in terracotta rossastra esteriormente, parecchi altri frammenti di vasellame di colore nerastro di terra più fine e a pareti sottili, numerosi pezzi di ceramica tornita. Furono raccolte ossa di maiale, un bel dente canino pure di questo animale ma di una grandezza eccezionale, qualche osso di uccello, parecchie ossa di piccoli e grandi quadrupedi.

7, 1866. LUIGI PIGORINI, Scoperte e pubblicazioni paleoetnologiche fatte in Italia nel 1865, « Annuario scientifico ed industriale », anno 20 (1865), Milano 1866, pp. 225.226.

Dà notizia di rinvenimenti effettuati da Giacomo Tassinari nella grotta durante gli scavi del 1865. I manufatti più antichi venuti alla luce vengono riferiti all'età del bronzo, periodo delle terremare emiliane.

8, 1866. G. SCARABELLI, Nouvelles fouilles dans la Grotta del Re Tiberio, Lettre du 31 décembre 1865, « Matériaux pour l'Histoire de l'Homme », 2, Paris 1866, pp. 240.241.

Viene elencato il materiale scoperto durante nuovi scavi nella grotta. Si tratta di un gran numero dei soliti piccoli vasetti già scoperti dal Tassinari, ossa di ruminanti, un dente di maiale ridotto ad attrezzo tagliente, un coltello di selce. Tutti questi oggetti furono scoperti senza un preciso ordine stratigrafico perchè il suolo era stato precedentemente rimaneggiato.

9, 1869. ANTONIO METELLI, Storia di Brisighella e della valle di Amone, parte 1a, vol. 1°, Tip. di Pietro Conti, Faenza 1869, p. 45.

Breve descrizione dei fenomeni carsici nei gessi presso Brisighella e nella valle del Senio con accenni anche alla Grotta del Re Tiberio che si presenta molto vasta, a detta dell'A. non solo per il lavoro operato dalle acque ma anche per opera dell'uomo.

10, 1869. DOMENICO ZAULI-NALDI, Sulla Grotta del Re Tiberio - Memoria letta da Domenico Zauli-Naldi nell'adunanza della Società Scientifico, letteraria di Faenza il giorno 12 Dicembre 1867, Tip. di Angelo Marabini, Faenza 1869.

L'A., appassionato cultore di antichità, ricorda che trovandosi nella sua Villa della Serra, nei pressi di Riolo Bagni, gli giunse il lavoro pubblicato da Tassinari nel 1865 e fu così preso dal desiderio di fare una escursione alla famosa grotta. Praticò un piccolo saggio di scavo nei pressi dell'imboccatura rinvenendo 30 vasettini fittili di forme svariate dai 2o ai 25 mm. di diametro, due soli di forma più grande (mm. 55). Inoltre vennero alla luce frammenti di vasi ricoperti da patina nera e rossa simile a quella di cui sono colorati i vasi etruschi, un pezzo di lastra di rame, frammenti di ferro, ritagli di vetro antico, parecchie ossa e denti di animali, un dente molare umano, una statuetta di bronzo lunga mm. 72 rappresentante un sacrificatore avente nella mano destra una patera, una moneta di bronzo con l'effigie di Giano bifronte da una parte e un rostro di nave con sotto Roma dall'altra. L'A. ritiene che i piccoli vasetti fittili rinvenuti così numerosi negli strati della grotta altro non siano che crogiuoli per operazioni metallurgiche e facilmente per industrie criminose. Lo Zauli eseguì una seconda esplorazione il 6 maggio 1869 e ne diede comunicazione a G. Tassinari il 9 maggio 1869. Venne aperto uno scavo nel primo ambiente a pochi metri dall'imboccatura della grotta e furono scoperti 4 dei soliti piccoli vasetti di mm. 25 di diametro. Interessante anche il rinvenimento di una mandibola umana di individuo presumibilmente di età dai tre a quattro anni. In un altro saggio di scavo eseguito più addentro nella grotta fu scoperta una moneta romana (asse del peso di due once) con l'effigie di Giano bifronte. Nelle vicinanze di questo rinvenimento e ad una profondità di cm. 9o furono scoperti crogiuoli di terracotta con attorno lastre di rame. Ciò fece pensare che la grotta fosse servita di nascondiglio a dei falsari.

11, 1871. Relazione sulla esposizione italiana d'Antropologia e d'Archeologia preistoriche in Bologna nel 1871, Tip. Fava e Garagnani, Bologna 1871, p. 20.

Vennero esposti in quella occasione anche i manufatti preistorici scoperti nella grotta da G. Tassinari ed ordinati da G. Scarabelli secondo un ben preciso ordine stratigrafico.

12, 1872. G. SCARABELLI, Notizie sullla caverna del Re Tiberio, lettera del Senatore G. Scarabelli al chiarissimo signor professore Antonio Stoppani (Nella seduta del 25 febbraio 1872), Estratto dagli « Atti della Società Italiana di S• cienze Naturali», vol. XIV, Milano 1872.

In questo interessante lavoro vengono descritti i risultati degli scavi eseguiti dall'A. nel 1870 in un punto dove la grotta presenta l'angolo rientrante della sua prima voltata. Fu praticato un pozzo della profondità di m. 4,96 fino ad incontrare il gesso sottostante. Lo Scarabelli, dopo aver descritto le condizioni geologiche e la posizione topografica della grotta, che ha l'ingresso in una parete gessosa a 90 m. dal livello del fiume Senio e presenta un'apertura di m. 3,20 (larghezza) per m. 2,75 (altezza), passa in rassegna la stratigrafia incontrata. Nota che gli strati di terriccio erano separati a varie profondità da sottili strati di ceneri e carboni riscontrati rispettivamente a m. 1,75, m. 2,91, m. 3,26, m. 4,70 dal piano della grotta. Segue l'elenco del materiale rinvenuto: da m. o a m. 1,75 (residui di fusione, frammento di vaso in maiolica, ossa di bue e piccoli ruminanti, cocci di vasi fittili torniti); da m. 1,75 a m. 2,91 (cocci di vasi torniti di colore nerastro, mandibola di tasso, di maiale, ossa umane, ossa di bue); infine venne scoperto un piccolo osso tubolare lavorato (forse una canna per zampogna). Da m. 2,91 a m. 3,26 (cocci di vasi fittili non torniti); da m. 3,26 a m. 4,70 (cocci di vasi di terra poco cotta, non torniti, con rilievi o senza, manichi vari ed un oggetto di terra cruda di forma piramidale quadrangolare avente superiormente un foro orizzontale simile ad altri raccolti nelle terremare). Questo caratteristico manufatto non fu giudicato, come potrebbe sembrare, un peso ma un utensile domestico da servire come portaspiedo per cottura di carni. Da m. 4,70 a m. 4,96 fino a raggiungere la roccia gessosa vennero alla luce solo ossa umane. I caratteristici piccoli vasetti, scoperti da Tassinari e Zauli in uno spazio molto ristretto, sono considerati dall'A. ancora un enigma. Infatti se si considerassero come balsamarii nei sepolcri, il loro accumulo in un determinato spazio potrebbe essere stato provocato da chi depredò le tombe per estrarre i metalli; considerandoli invece come piccoli crogiuoletti si dimostrerebbe come questi cosidetti falsi monetari fossero esperti nell'arte del fondere metalli.

13, 1872. G. SCARABELLI, Su di una caverna con avanzi preistorici dell'Appennino di Romagna (Circondario di Faenza), Estratto da una nota del senatore G. Scarabelli, inserita negli « Atti della Soc. Ital. di Sc. Nat. », vol. XV, 1), «Bollettino del R. Comitato Geologico d'Italia », a. 1872, n. 7-8, luglio e agosto 1872, pp. 209-211.

E' un riassunto del lavoro precedente. Si fa anche qui rilevare come la forma assai regolare dell'apertura della grotta, alcune sporgenze a guisa di gradini sul davanti di essa e gli incavi nella parete destra (forse per riporvi utensili domestici) dimostrino che ivi l'uomo esercitò la sua opera.

14, 1873, Rapport sur l'Exposition Italienne d'Anthropologie et d'Archéologie Préhistoriques, Congrès international d'Anthropologie et d'Archéologie préhistoriques, Compte rendu de la cinquième session à Bologne 1871, imprimerle Fava et Garagnani, Bologne 1873 pp. 498-499, 529.

Vengono ricordati anche i manufatti preistorici rinvenuti dal Tassinari ed esposti a Bologna nel 1871 in occasione del Congresso internazionale di Antropologia ed Archeologia preistoriche.

15, 1881. GIUSTINIANO NICOLUCCI, Antropologia arcaica del Bolognese, articolo inserito in «L'Appennino Bolognese - Descrizione e itinerari », a cura del CLUB ALPINO ITALIANO, Sezione di Bologna, Tip. Fava e Garagnani, Bologna 1881, p. 190.

Brevi cenni sui manufatti scoperti nella grotta ed esposti a Bologna nel 1871 unitamente ad altro materiale proveniente dall'Imolese.

16, 1882. Elogio funebre del Conte Domenico Zauli Naldi letto il giorno settimo della sua morte nella chiesa de' Ss. Michele ed Agostino di Faenza da Don Filippo Lanzoni, Tip. Marabini, Faenza 1882, pp. 35-36.

E' messo in risalto anche il contributo dato dallo Zauli con i saggi di scavi praticati nella Grotta del Re Tiberio.

17, 1883. E. BRIZIO, Ancora della stirpe ligure nel Bolognese, « Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie di Romagna », serie terza, vol. I, Bologna 1883, pp. 262-263

E' fatta menzione dell'esistenza di anse caratteristiche dell'età del bronzo o epoca delle terremare anche nella Grotta del Re Tiberio.

18, 1886. ACHILLE LEGA, Fortilizi in Val di Lamone, Stab. Tipo-Litografico P. Conti, Faenza 1886, p. 72.

Nota che vicino al Castello di Monte Maggiore, chiamato nel 950 Oppidum Tiberiacum per essere vicino alla Pieve di Santa Maria in Tiberiaco, si vede la Tana del Re Tiberio adattata dai mandriani a loro ricovero ed un tempo covo di malfattori.

19, 1887. G. SCARABELLI, Stazione preistorica del Monte del Castellaccio presso Imola, Tip. I. Galeati e figlio, Imola 1887, pp. 66, 69.

p. 66. L'A., negli scavi fatti al Monte del Castellaccio, rinvenne pure un piccolo vasetto simile a quelli scoperti in gran numero (oltre 200 dallo stesso Scarabelli) nella Grotta del Re Tiberio. L'esemplare così rintracciato al Castellaccio potrebbe essere preso anche per un giocattolo, ma il gran numero di esemplari scoperti nella grotta fa seriamente pensare al loro uso enigmatico. Infatti si credette fossero crogiuoletti dato che in due di essi venne scoperta una materia fusibile, ma fu poi dimostrato che la maggior parte di questi piccoli manufatti non reggeva al fuoco. Lo Scarabelli quindi dichiara esservi oscurità sulla destinazione vera di tali vasetti fittili ma per altro ritiene che essi siano rivolti a qualche uso importante e diffuso in quei tempi antichi.

p. 69. L'A. asserisce di aver raccolto nella Grotta del Re Tiberio una caratteristica ansa ad orecchietta verticale rotonda simile a quelle scoperte al Monte del Castellaccio ed alla stazione preistorica della Prevosta.

20, 1890. CARMILEIN, Dalla Grotta del Re Tiberio, corrispondenza da Riolo in data 12 agosto, « Ehi! ch'al scusa », settimanale umoristico, a. XI, n. 32, Bologna 23 agosto 1890, p. 2.

E' un articolo di polemica umoristica con Orsoni di Bologna che aveva visitato la grotta onde stabilire un piano di scavi come già era stato fatto per la Grotta del Farneto. Si può comunque rilevare da questo scritto come la Grotta del Re Tiberio fosse meta già di escursioni e visite da parte dei villeggianti di Riolo Bagni.

21, 1890. FRANCESCO ORSONI, La Grotta del Re Tiberio, « Gazzetta dell'Emilia », a. XXXI, n. 238, Bologna 29 agosto 1890.

Descrizione delle escursioni fatte nella grotta dall'A., noto archeologo bolognese. Narra che nel 1872, recandosi in visita nella Grotta del Re Tiberio, gli furono mostrati idoletti di bronzo, patere con figure dipinte di fattura greca. Questo materiale era stato scoperto nella grotta dalla gente del luogo e dato in vendita a chi si recava in quelle contrade. In quella occasione l'Orsoni esplorò i vari antri arrivando dopo circa 400 metri di faticoso cammino ad un cunicolo a fondo cieco che termina la grotta. L'A. rimase rammaricato nel vedere qua e là il suolo della grotta manomesso e sconvolto da scavi irregolari. Dopo gli scavi eseguiti nella Grotta del Farneto, l'Orsoni ritornò a visitare la Grotta del Re Tiberio e si fece l'idea che questa grotta non ad altro uso abbia potuto servire se non a quello di luogo funebre e sacro tempio. Si proponeva di fare una serie di scavi e fare poi gli eventuali confronti con la Grotta del Farneto ma gli mancarono i mezzi.

22, 1894. EMILIO ROSETTI, La Romagna, U. Hoepli, Milano 1894, pp. 358, 483, 656.

Vi è qualche notizia sulla grotta ritenuta una delle più interessanti di Romagna e visitata con interesse dai turisti e bagnanti delle Terme di Riolo Bagni.

23, 1896. LUIGI PIGORINI, Stoviglie votive italiche dell'età del bronzo e della prima età del ferro, «Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche», Serie quinta, vol. V, Roma 1896, pp. 451, 452.

Riconosce che già Scarabelli nel 1887 aveva intravvisto l'importanza della scoperta dei numerosissimi vasetti fittili nella Grotta del Re Tiberio, sia per il loro numero considerevole, sia per la loro somiglianza con quelli delle terremare, tali appunto da far pensare ad un loro uso molto diffuso in quell'epoca. Ma poi si finì per non tenerli nel conto dovuto. Il Pigorini quindi ritiene che questi vasetti, riproducenti in piccolo le stoviglie adoperate dai terramaricoli negli usi domestici, facessero parte di una stipe votiva senza per altro precisare a quale culto potessero servire.

24, 1899. ALBERTO CREMA, Album-Ricordo dello stabilimento idroterapico di Ruolo, Tip. Zamorani e Albertazzi, Bologna 1899.

Nella parte che tratta dei dintorni di Riolo viene data una foto della « vena del gesso » nel punto in cui si apre la Grotta del Re Tiberio e sono pure riportati brevi cenni descrittivi della medesima.

25, 1899. FEDERICO SACCO, L'Appennino della Romagna, « Bollettino della Società Geologica Italiana», vol. XVIII (1899), p. 420.

L'A. riferisce anche che interessanti scoperte preistoriche furono fatte nella Caverna del Re Tiberio nella zona gessosa.

26, 1903. GIORGIO TREBBI, Ricerche speleologiche nei gessi del Bolognese, Rivista Italiana di Speleologia », a. I, fasc. 3.4, Bologna 1903, pp. 5, 13-14 dell'estratto.

Accenna brevemente agli imponenti fenomeni carsici nei gessi tra la valle del Sintria e quella del Senio ricordando anche la Grotta del Re Tiberio.

27, 1905. OLINTO MARINELLI, Nuove osservazioni su fenomeni di tipo carsico nei gessi appenninici, « Atti del V Congresso Geografico Italiano tenuto in Napoli dal 6 a i i aprile 1904 », Tip. A. Tocco e Salvietti, Napoli 1905, pp. 159-162.

Ricorda una escursione eseguita nella valle del Senio il 14 ottobre 1901 senza per altro riuscire a visitare la Grotta del Re Tiberio a causa del cattivo tempo. Esclude che in epoca antica vi possa essere stato un lago a monte della « vena del gesso » fra Casola e Rivola come già ebbe a dimostrare lo Scarabelli.

28, 1906. D. LORENZO COSTA, La Grotta del Re Tiberio, dramma leggendario in 3 atti (per soli uomini) con alcuni preliminari storici sulla grotta, Tip. di Ermenegildo Servadei, Brisighella 1906.

E' un interessante e curioso opuscolo sulla storia e sulle leggende di quella tanto nota e popolare grotta.

29, 1907. LUIGI ORSINI, Imola e la valle del Santerno, Istituto Italiano d'Arti Grafiche Editore, Bergamo 1907, pp. 3537

Vengono riportate notizie anche sulla Tana del Re Tiberio che a detta dell'A. s'incrosta di stalattiti e di stalagmiti come in un sogno.

30, 1909. LUIGI PIGORINI, I primitivi abitatori dell'Italia, « Nuova Antologia di Lettere, Scienze ed Arti », Quinta serie, voi. 228, fasc. 910, Roma novembre-dicembre 1909, p. 294.

L'A. sostiene che i vasettini fittili trovati in abbondanza nella Grotta del Re Tiberio, come del resto quelli rinvenuti nella Grotta di Pertosa presso Salerno o in alcuni strati più profondi delle terremare emiliane hanno un carattere sacro e si trovano generalmente accumulati in una stipe votiva. Non è però ben chiaro a quale culto essi possano riferirsi.

31, 1912. G. B. DE GASPERI, Appunti sui fenomeni carsici nei gessi di M. Mauro (Casola Valsenio), «Rivista Geografica Italiana», a. XIX, Vol. XIX, Firenze 1912, pp. 319.326.

Lavoro molto importante per la conoscenza dei notevoli fenomeni carsici in tale zona gessosa della Romagna. Caverne, inghiottitoi, doline del diametro fino a Zoo m., torrenti sotterranei quali il Rio di sotto terra (Re-d-s'-terra), risorgenti, appaiono in tutta la loro evidenza. L'A. eseguì una escursione nella Grotta del Re Tiberio il 18 dicembre 1811 rilevandone anche un tratto con la bussola alla scala 1:1.000. Da queste misurazioni risulta che la grotta si apre a 180 m. sul livello del mare ed a 80 m. dal livello del fiume Sento, ha una apertura di forma rettangolare di m. 4 di larghezza per m. 3 di altezza. Una galleria di facile percorso dopo alcune svolte sbocca, a 55 m. dall'entrata, in una vasta sala di forma circolare del diametro di 15 m. ed alta altrettanto. Dopo questa sala altri cunicoli s'inoltrano nell'interno della montagna gessosa raggiungendo così la grotta uno sviluppo totale di m. 250. L'A. nota che in quasi tutto il percorso trovò tracce di precedenti visitatori. L'azione erosiva delle acque ed il loro progressivo abbassarsi hanno lasciato tracce lungo tutte le gallerie. La presenza dell'uomo neolitico, oltre al materiale rinvenuto nel terriccio della grotta, sarebbe dimostrata da certi incavi nella roccia, presso l'apertura, sotto forma di sedili e nicchie.

32, 1912. GUSTAVO GARDINI, Riolo e la vallata del Sento - Appunti storici, Tip. Novelli e Castellani, Faenza 1912, pp. 22-26.

Vengono riferite varie notizie storiche e leggendarie sulla grotta e i suoi dintorni.

33, 1913. Guida tecnica, commerciale ed industriale della provincia di Ravenna, pubblicata a cura della Camera di Commercio e Industria di Ravenna, anno 1913, Editrice E. Lavagna e F., Ravenna 1913, p. 299.

Ricorda che la Grotta del Re Tiberio, in comune di Riolo, è molto visitata.

34, 1916. L. V. BERTARELLI, Guida d'Italia del Touring Club Italiano - Liguria, Toscana Settentrionale, Emilia, Vol. 2°, Milano 1916, p. 298.

Fra gli itinerari turistici che fanno capo a Riolo dei Bagni viene ricordata anche l'escursione alla Grotta del Re Tiberio ad una ventina di minuti da Rivola che trovasi a 6 chilometri da Riolo.

35, 1916. UGO RELLINI, La Caverna di Latrònico e il culto delle acque salutari nell'età del bronzo, «Monumenti Antichi pubblicati per cura della Reale Accademia dei Lincei», vol. XXIV (1916), coll. 514-515, 548, 553-554, 610.

La Caverna di Latrònico, in provincia di Potenza, unitamente a quella di Pertosa, di Frasassi nelle Marche, di Re Tiberio e di altre sparse un po' ovunque in Italia, fa parte di un ben determinato gruppo di grotte di carattere sacro nelle quali sono state individuate importanti stipi votive. Il Rellini descrive in questo suo lavoro anche la Grotta del Re Tiberio mettendo in risalto specialmente l'esistenza di sorgenti d'acqua: una sulla parete destra nei pressi dell'entrata con due larghi incavi praticati nella roccia per raccogliere acqua, l'altra nell'interno della vasta cupola a m. 55 dall'entrata. L'ammassamento di un così gran numero di vasetti fittili in un punto 

ristretto della grotta viene interpretato come una stipe votiva. Le tracce di sepolture scoperte da Scarabelli negli strati più profondi della grotta vengono fatti risalire all'età della pietra mentre il materiale più abbondante venuto alla luce appartiene all'età del bronzo. Nota infine che anche a Latrònico comparvero piccoli vasetti fittili, simili a quelli d• ella Grotta del Re Tiberio e di Pertosa, vasetti che mancano negli strati n• eolitici mentre sono frequenti nelle stratificazioni dall'età del bronzo alla prima età del ferro.

36, 1917. OLINTO MARINELLI, Fenomeni carsici nelle regioni gessose d'Italia. «Memorie Geografiche di Giotto Dainelli pubblicate come supplemento alla Rivista Geografica Italiana », Materiali per lo studo dei fenomeni carsici, n. 34 Firenze 1917, pp. 312-317.

Riporta in proposito quanto già comunicato da De Gasperi.

37, 1923. L. M. UGOLINI, La Panighina - Fonte sacra preistorica, « Monumenti Antichi pubblicati per cura della R. Accademia Nazionale dei Lincei », vol. XXIX (1923), coll. 551-552, 620, 626, 630.

L'A. intravvede una analogia tra i vasi scoperti nella Grotta del Re Tiberio con quelli venuti alla luce alla Panighina presso Bertinoro. Non crede però con ciò di avere una sicura base per la datazione di questa ultima stazione preistorica perchè il vasellame della Grotta del Re Tiberio, specie per quanto riguarda i vasettini votivi, essendo di carattere rituale e quindi tradizionale non può essere sottoposto ad un sicuro giudizio cronologico. Nota con un certo rilievo di aver visto al Museo di Imola alcuni vasetti votivi, provenienti dalla Grotta del Re Tiberio, ripieni di ocra. La presenza dell'ocra deposta. come dono, nelle stipi sacre, è dovuto al desiderio di offrire alla divinità, forse dell'acqua. un oggetto prezioso ed assai ricercato in quelle antiche epoche per la colorazione del corpo. Conclude quindi che i piccoli vasetti destinati a contenere esigue offerte e speciali doni, quali l'ocra, rappresentano i donaria dei fedeli riconoscenti per i benefici ricevuti.

38, 1924. FRIEDRICH VON DUHN, Italische Grdberhunde, erster teil, Heildelberg 1924, p. 23.

Breve menzione della Caverna del Re Tiberio.

39, 1926. GIORGIO TREBBI, Fenomeni carsici nei gessi emiliani - La risorgente dell'«Acqua Fredda», «Giornale di Geologia - Annali del R. Museo Geologico di Bologna», serie 2a, vol. 1°, Bologna 1926, P. 39.

Frequentemente si riscontra nelle grotte scavate nei gessi la produzione di calcare gessoso sotto forma di stalattiti, stalagmiti o pisoliti e ciò viene messo in relazione con la presenza del carbonato di calcio in certi straterelli di marne argillose o di calcari concrezionati intercalati ai gessi stessi. L'A. nota che la Grotta del Re Tiberio si presenta molto importante sotto questo punto di vista.

40, 1927. U. ANTONIELLI, Due gravi problemi paletnologici - Appendice, « Studi Etruschi », vol. I, Firenze 1927, p. 50.

Vi è affermato che la Grotta del Re Tiberio (stipe votiva) appartiene all'epoca del bronzo.

41, 1928. PERICLE DUCATI, Storia di Bologna - I tempi antichi, vol. I, Bologna 1928, p. 32.

L'A., nell'affermare che il materiale fittile rinvenuto nella Grotta del Re Tiberio appartiene all'epoca del bronzo, si chiede se le ossa umane, scoperte negli strati sottostanti, non siano residui di tombe neolitiche o eneolitiche.

42, 1928. GUSTAVO GARDINI, Riolo dei Bagni e la vallata del Senio - Appunti storici, 2a Ediz., Tip. Pollini e Aramini, Riolo Bagni 1928, pp. 21-24.

A detta dell'A. tutta la vallata del Senio era, ai tempi dell'Impero Romano, in potere della famiglia Tiberia Claudia Faentina. Riferisce inoltre che nell'anno 953 il Codice Pomposiano parla di un Castello Tiberiaco esistente in questa vallata e che il luogo ove trovasi ora Casola Valsenio chiamavasi un tempo Pieve di Santa Maria di Tiberiaco. Con ciò vuol dimostrare che anche la Grotta del Re Tiberio trae il suo nome dalla famiglia Tiberia o dalla vicinanza ai luoghi sopra menzionati. Afferma infine che il fatto d'arme del 1200, citato dallo storico Vizani, avvenne nella Grotta del Re Tiberio. Interessante e curiosa l'affermazione che l'ago calamitato nello stanzone maggiore della grotta subisce moltissime oscillazioni e che ciò fa dubitare esservi nelle viscere del monte o molto ferro, o altri metalli attraibili dalla calamita.

43, 1929. UGO RELLINI, Le origini della civiltà italica, Libreria di Scienze e Lettere, Biblioteca di Scienze e Filosofia, n. 4, Roma 1929, p. 67.

L'A. sostiene la tesi che la Grotta del Re Tiberio e quella di Frasassi, nell'orrida forra del Sentino, siano state ambedue frequentate dall'uomo a cominciare dall'eneolitico a scopo funerario.

44, 1929. PIERO ZAMA, La Grotta del Re Tiberio - Leggenda di Monte della Volpe, con xilografie di Serafino Campi, Stabilimento Grafico F. Lega, Faenza Pasqua 1929.

E' un grazioso componimento poetico sulla nota leggenda popolare del Re Tiberio.

45, 1930. PIETRO ZANGHERI, Divagazioni naturalistiche romagnole - La «Grotta del Re Tiberio», «La Pié», Rassegna mensile d'illustrazione romagnola, a. XI, n. 9, Forlì settembre 1930, pp. 190.194; n. 10, ottobre 1930, pp. 226,230.

Viene descritta dal lato geologico e naturalistico la valle del Senio nella zona gessosa di Rivola dove si apre la Grotta del Re Tiberio. L'A. nota che alcuni scavi nella roccia fuori dell'ingresso e sulla parete destra appena dentro la grotta denotano azioni recenti e antiche dell'uomo che la frequentò fin dall'eneolitico. Dopo aver passato in rassegna le varie scoperte preistoriche in essa effettuate da noti ricercatori l' A. conclude che ora nella grotta vivono miriadi di pipistrelli di specie diverse e che fra gli insetti si fa notare la Dolichopoda palpata, una cavalletta priva di ali, con lunghe gambe e lunghe antenne, adattata così dalla natura a vivere nell'oscurità.

46, 1931. NORA NIERI, Carta Archeologica, Foglio 99 (Faenza), a cura delle RR. Soprintendenze alle Antichità dell'Emilia e dell'Etruria, R. Istituto Geografico Militare, Firenze 1931, IV, NE, 6-10.

Breve descrizione della grotta ed elenco del materiale rinvenuto distinto secondo le varie epoche: sepolture del periodo litico, manufatti fittili dell'età del bronzo, frammenti di rozze ceramiche tornite riferibili all'età del ferro, materiale di epoca romana repubblicana (bronzetto, monete, vetri, lucerne fittili), residui di fusione forse di epoca barbarica. Si riconosce inoltre in questa caverna la sede di un culto, forse delle acque, sorto in epoca enea e continuato poi in età successive.

47, 1931. G. UMBERTO MAIOLI, Ancora la Grotta del Re Tiberio, «La Pié», Rassegna mensile d'illustrazione romagnola, a. XII (vol. XVI), n. 2, febbraio 1931, pp. 31-32.

Descrizione di una esplorazione effettuata dall'A. il 10 agosto 1899. Fu in quella occasione eseguito un rilievo e si accertò per la grotta uno sviluppo di m. 260. Nella parte terminale in fondo al ramo destro l'A. notò un graffito illeggibile sulla roccia gessosa.

48, 1931. L. M. UGOLINI, Di alcune scoperte preistoriche nella regione di Lugo, «Felix Ravenna», Nuova serie, a. 2°, fasc. 3 (XXXIX), settembre-dicembre 1931, p. 196.

E' menzionata anche la Grotta del Re Tiberio riscontrando una certa relazione tipologica fra il materiale scoperto a Lugo e quello venuto alla luce in altre stazioni romagnole fra le quali la grotta stessa.

49, 1931. PIETRO ZANGHERI, Ancora la Grotta del Re Tiberio, «La Pié», Rassegna mensile d'illustrazione romagnola, a. XII (vol. XVI), n. 2, febbraio 1931, p. 32.

Risposta all'articolo dell'ing. U. Maiali pubblicato nello stesso numero della rivista e sulla interpretazione dei dati forniti dal De Gasperi nella sua esplorazione della grotta.

50, 1933. GIOVANNI BACOCCO, La Tana del Re Tiberio, « La Pié », Rassegna mensile d'illustrazione romagnola, a. XIV, n. 3-4-5, marzo-aprile-maggio, Forlì 1933, pp. 75-76.

In modo particolare viene descritta la leggenda del Re Tiberio, leggenda che si allaccia a quella che sorse dopo la morte di Re Teodorico nel V secolo.

51, 1934. GIOVANNI MORNIG, Esplorazioni del sottosuolo - Orrido e pittoresco negli abissi di Romagna, «Il Resto del Carlino», 20 settembre 1934, p. 8.

Importante contributo alla conoscenza dei fenomeni carsici nei gessi di Brisighella e della valle del Senio dove trovasi la Grotta del Re Tiberio. Vengono illustrate diverse grotte esplorate dal Mornig ed in modo particolare vengono riportati i risultati di una escursione fatta dall'A. unitamente al signor L. Fantini del gruppo C.A.I. di Bologna nella Grotta del Re Tiberio. Lo sviluppo delle gallerie e dei cunicoli di questa importante caverna è, secondo gli esploratori, di m. 349 e fino a quella data era considerata la più lunga di Romagna. E' fatto presente che il notaio brisighellese F. M. Saletti, morto nel 1674, fu il primo a parlare della grotta nei suoi scritti.

52, 1934. PIERO ZAMA, Leggende Romagnole, Stab. Grafico F. Lega, Faenza 1934, pp. 43-50

E' inserito anche in questa raccolta di poesie il componimento poetico sulla leggenda del Re Tiberio e della grotta omonima. L'imperatore Tiberio (42 a. C.-37 d. C.) fugge da Roma perchè si sente circondato da nemici. Gli hanno detto che morirà colpito da un fulmine e ne è timoroso. Cerca rifugio nella grotta gessosa ponendovi la sua dimora e non esce da essa se non nei giorni in cui il cielo è limpido e sereno. Tuttavia il fato si deve compiere. Un giorno, essendo il cielo sereno, Tiberio si sente sicuro ed esce all'aperto con la sua quadriga, ma improvvisamente si avvicina un temporale e l'imperatore viene colpito dal fulmine mentre in fretta fa ritorno alla grotta.

53, 1935. GIOVANNI MORNIG, La Grotta preistorica Gianni di Martino, «Corriere Padano », a. XI, n. tot, Corriere di Faenza, Ferrara 27 aprile 1935 p. 6.

Nell'illustrare questa interessante grotta con manufatti di epoca preistorica, chiamata comunemente «La Tanaccia » nei pressi di Brisighella, l'A. fa un confronto con quella del Re Tiberio. I manufatti ceramici scoperti dal Mornig alla Tanaccia vengono ritenuti di interesse maggiore di quelli già noti della Grotta del Re Tiberio.

54, 1937. GIOVANNI PATRONI, La Preistoria, parte prima, Casa Editrice F. Vallardi, Milano 1937,  p. 445.

Viene escluso qualsiasi rapporto della Grotta del Re Tiberio con la Grotta di Pertosa presso Salerno. E' messo pure in dubbio che il culto praticato nella grotta romagnola sia in rapporto con le acque.

55, 1937. FEDERICO SACCO, Note illustrative della Carta Geologica d'Italia alla scala 1:100.000 - Fogli di Imola, Faenza, Forlì e Rimini costituenti l'Appennino della Romagna, Roma 1937, p. 48.

Breve menzione del carsismo nella zona dei gessi messo evidentemente in relazione alla facile dissoluzione di questa roccia nella quale appunto si apre anche la Grotta del Re Tiberio.

56, 1938. GUIDO PIANI, Il Museo comunale di Imola, Stab. tipografico imolese, Imola 1938, pp. 11-12.

A proposito della Grotta di Re Tiberio si fa notare che la parola dialettale re equivale a rio, cioè il corso d'acqua che sgorgava dal monte, e Tiberio vuol forse indicare il nome della famiglia romana faentina Tiberia Claudia. Nel Museo di Imola sono ora conservati i materiali venuti alla luce in più riprese negli scavi eseguiti nella grotta.

57, 1938. U. RELLINI, Recensione: G. PATRONI, La Preistoria, 1937,«Bullettino di Paletnologia Italiana», Nuova serie, a. 2°, Roma 1938, P. 138.

Critica l'interpretazione data dal Patroni dei piccoli vasetti fittili, considerati da questi semplici giocattoli, scoperti a centinaia sia nella Grotta di Pertosa che in quella del Re Tiberio.

58, 1939. REZIO BUSCAROLI, Imola, guida artistica, a cura dell'Ente Provinciale del Turismo di Bologna, Cooperativa tipografico-editrice P. Galeati, Imola 1939, pp. 68, 117.

La Grotta del Re Tiberio è considerata una delle mete turistiche della zona imolese. Sono descritti anche i manufatti rinvenuti ed ora sistemati nel Museo di Imola. Fra questi è degno di nota un bronzetto raffigurante un sacrificatore di stile etrusco-romano.

59, 1941. FRANCO ANELLI, Il catasto delle grotte italiane presso l'Istituto Italiano di Speleologia RR. Grotte Demaniali di Postumia, «Rivista del Catasto e dei Servizi Erariali», n. 3, Roma 1941, p. 5 dell'estratto.

Fra le numerose grotte formatesi nei terreni gessosi, già elencate nel catasto, figura la Grotta di Re Tiberio e l'Abisso « Luigi Fantini » di metri 156 considerato la più profonda voragine nella formazione gessosa dell'Appennino e dedicata ad un animoso esploratore delle grotte emiliane.

60, 1941. DOMENICO BUDINI, Passeggiate in Romagna - La Grotta di Re Tiberio, «L'Avvenire d'Italia», a. XLVI, n. 176, Bologna 29 luglio 1941, p. 3.

Le varie vicende storiche della grotta vengono passate in rassegna in questo articolo di carattere divulgativo.

61, 1941. AMEDEO TABANELLI, Itinerari Romagnoli - La Caverna del Re Tiberio, « Corriere Padano », a. XVI, n. 253, Ferrara 23 ottobre 1941, p. 4.

L'A. ed il signor Riccardo Lanzoni di Ravenna, Ispettore alle Antichità per la valle del Senio, eseguirono una escursione nella grotta ed i risultati vennero esposti in questo articolo. Si fa notare che i manufatti si trovano più di frequente negli strati di terriccio posti a sinistra di chi entra non lontano dall'ingresso. Interessante anche la constatazione che il pavimento della grande sala, del diametro di 15 metri, è coperto da un grosso strato di guano che se fosse facile asportarlo, per utilizzarlo come fertilizzante, rappresenterebbe un certo valore economico. La caverna ha uno sviluppo complessivo di m. 356 e le tracce dei visitatori (nomi scritti con vernice, motti, disegni) si notano fino in fondo all'ultimo cunicolo.

62, 1942. PECIO, Paesaggi di Romagna - La Grotta del Re Tiberio, « Corriere Padano », a. XVII, n. 236, Corriere di Faenza, Ferrara 3 ottobre 1942, p. 2.

Articolo divulgativo.

63, 1947. LUIGI CERRATO, Notizie sui resti archeologici e sui monumenti antichi della zona imolese e dei comuni limitrofi, « Atti dell'Associazione per Imola storico-artistica », 2°, Imola, 1947, pp. 9-10, 13.

Breve elenco del materiale scoperto nella Grotta del Re Tiberio per la maggior parte fra il 1865 ed il 1870 ed ora esistente nel Museo Comunale di Imola.

64, 1950. P. E. ARIAS, Notiziario - Bacino del Sento (Ravenna), «Rivista di Scienze Preistoriche» vol. V, fasc. 1.4, Firenze 1950. p. 117.

Notizie su alcuni scavi stratigrafici eseguiti nella grotta con rinvenimento di materiale del tipo già noto.

65, 1950. G. A. MANSUELLI, Scoperte e scavi in Emilia - 195o, «Emilia Preromana », n. 2 (1949-50), pp. 171-172.

Riferisce sugli scavi eseguiti dalla Soprintendenza alle Antichità regionale (dott. Mansuelli e sig. Lanzoni) dal 15 al 18 luglio 1950. Gli scavi non portarono a risultati degni di rilievo essendo il materiale rinvenuto del tipo già noto.

66, 1950. PIETRO ZANGHERI, Divagazioni naturalistiche romagnole - Su e già per la «vena del gesso» da Tossignano a Brisighella, « La Pié », Rassegna mensile d'illustrazione romagnola, anno XIX, n. 11-12, Forlì novembre-dicembre 1950, p. 222.

L'A. passa in rassegna anche gli imponenti fenomeni carsici che si notano in molti punti della caratteristica « vena del gesso ». Fra questi è degna di nota la Grotta del Re Tiberio, esplorata dallo speleologo Giovanni Mornig, con uno sviluppo di m. 35o e con pozzi che appaiono qua e là lungo la galleria al fondo dei quali si trovano specchi d'acqua.

67, 1952. PAOLO ENRICO ARIAS, Scoperte archeologiche nel biennio 1949-50 in Emilia e Romagna, « Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna », n. s., vol. 2, 195O-51, Bologna 1952, p. 223.

Il ripetersi di scavi abusivi nella Grotta del Re Tiberio indussero la Soprintendenza alle Antichità regionale ad eseguire colà saggi di scavo. Furono aperte tre trincee e vennero alla luce manufatti fittili dell'età del bronzo ad una profondità variabile da m. 0,30 a m. 0,80.

68, 1954. GRUPPO GROTTE « PELLEGRINO STROBEL » - MUSEO NAZIONALE D'ANTICHITÀ DI PARMA, Annuario 1953, Parma 1954, pp. 13, 16, 21, 23.

Fra le attività scientifiche e di campagna del Gruppo Grotte di Parma risulta presa in considerazione anche la Grotta del Re Tiberio. In essa, oltre a rilievi di carattere preistorico, vennero effettuati numerosi prelievi di guano per lo studio della fauna guanobia e guanofila. Viene recensito anche il lavoro : A. VALLE, Acaro fauna della Grotta di Re Tiberio (Romagna), presentato al V Convegno Nazionale di Speleologia di Salerno. Le specie di acari raccolte e descritte in questo lavoro sono quindici di cui due sono nuove per la scienza.

69, 1955. GRUPPO GROTTE «PELLEGRINO STROBEL » - MUSEO NAZIONALE D'ANTICHITÀ DI PARMA, Annuario 1954, Parma 1955, p. 10.

Breve menzione di una visita effettuata il 7 febbraio 1954 alla Grotta del Re Tiberio per prelievo di guano.

70, 1955. RENATO SCARANI, Sviluppo delle culture pre-protostoriche nel territorio imolese, « Studi Romagnoli », vol. VI (1955), Fratelli Lega Editori, Faenza, pp. 158-159. 166, 172.

Il materiale fino ad ora scoperto nella Grotta del Re Tiberio viene riferito dall'A. alla fase finale dell'età del bronzo.

71, 1955. PIETRO ZANGHERI, Il Museo di storia naturale di Imola e considerazioni su l'attuale stato delle istituzioni naturalistiche in Italia, « Studi Romagnoli », vol VI (1955), Fratelli Lega Editori, Faenza, p. 187.

Ricorda anche il materiale scavato nella Grotta del Re Tiberio ed ora sistemato nel Museo Comunale di Imola.

72, 1957. TOURING CLUB ITALIANO, L'Italia Fisica, « Conosci l'Italia », vol. I, Milano 1957, PP• 285, 302.

Nella carta con la distribuzione del carsismo in Italia viene indicata anche la Tana del Re Tiberio. Questa ha la quota a m. 175 s. m., uno sviluppo di m. 349 ed una profondità (differenza in metri tra il punto situato a quota più bassa e quello a quota più alta) di m. 25.

  
  
NOTE
  
(1) Sebbene siano passati molti anni da allora pur tuttavia ho conservato il diario del saggio di scavo eseguito il 23 luglio 1941 unitamente ad un amico faentino e compagno di studi liceali a Forlì, Mario Dall'Agata, presso il quale fui ospite a Faenza diversi giorni e con il quale mi recai più volte in escursioni geologiche e paletnologiche nella valle del Senio.
 
(2) I frammenti di ocra rossa e gialla, raccolti nello strato preistorico della Grotta del Re Tiberio, sono stati presi in esame dalla dott. Anna Maria Tomba dell'Istituto di Mineralogia e Petrografia dell'Università di Bologna onde fare eventuali confronti con i campioni delle collezioni mineralogiche del Bolognese. Infatti L. BOMBICCI, Montagne e vallate del territorio di Bologna, Tip. Fava e Garagnani, Bologna 1882, p. 113, parla di notevoli concrezioni di limonite ocracea nelle serpentine del Monte dell'Ora. Per il Modenese, Fernando Malavolti, fa provenire l'ocra rossa, che si trova fra i manufatti del neo-eneolitico, dalle formazioni delle Argille Scagliose colà esistenti. Cfr. FERNANDO MALAVOLTI, Appunti per una cronologia relativa del neo-eneolitico emriliano, « Emilia Preromana », n. 4 (1953.55), Modena 1956, pp. 8-9.
 
(3) UMBERTO GRANCELLI, Gli ominidi alla conquista del mondo, Bompiani Editore, Milano 1945, PP- 120, 147; MAURIZIO HOERNES, L'Uomo - Storia naturale e preistorica, Società Editrice Libraria, vol. 2, Milano 1913, PP- 349.350; G. VINACCIA, L'alba dell'umanità e dell'arte, La civiltà paleo-europea attraverso la sua arte, Fratelli Bocca Editori, Torino 1926, p. 226.
 
(4) LUIGI BERNABÒ BREA, Scavi nella caverna delle Arene Candide, Collezione di monografie preistoriche ed archeologiche edita dall'Istituto di Studi Liguri, Bordighera 1946, pp. 143, 219; IDEM, Le Caverne del Finale, Itinerari storico-turistici, Istituto di Studi Liguri, Bordighera 1947, PP- 16, 33, 35. 83; PAOLO GRAZIOSI, I Balzi Rossi, Guida delle caverne preistoriche di Grimaldi presso Ventimiglia, 2a ediz., Istituto Internazionale di Studi Liguri, Museo Bicknell, Bordighera 1951, PP- 32, 43; GIOVANNI PATRONI, La preistoria, parte prima, Milano 1937, p. 147
 
(5) L. M. UGOLINI, La Panighina - Fonte sacra preistorica, « Monumenti Antichi pubblicati per cura della R. Accademia Nazionale dei Lincei », vol. XXIX (1923), coll. 626, 630.
 
(6) Il signor Riccardo Lanzoni, che qui ringrazio vivamente, mi ha dato tempo fa comunicazione dei suoi interessantissimi rinvenimenti inviandomi anche copia fotografica dei manufatti ancora da lui posseduti.
 
(7) G. SCARABELLI, Stazione preistorica del Monte del Castellaccio presso Imola, Tip. d'I. Galeati e figlio, Imola 1887, p. 66.
 
(8) L. PIGORINI, Stoviglie votive italiche dell'età del bronzo e della prima età del ferro, « Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche Serie quinta, vol. IV, Roma 1896, pp. 451.452.

      

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