Giovanni Mornig - Grotte di Romagna

   

(CAVITA NATURALI CATALOGATE )

E 36 TANA DEL RE TIBERIO

Nome locale: Tana dè Ri Tíberi

Situazione.. m. 175 da Borgo Rivola, 225°

Prof : m. 22

Sviluppo: m. 349

Pozzi interni: metri 12, 34, 18, 10, 13

Rilevata nel luglio 1933

Bibliografia:

G. Scarabelli, Note sur l'existence d'un ancien lac dans la vallée du Senio, en Romagne. Bull. de la Soc. Geol. de France, Il ser., T, VIII, 1851.

G.Tassinari, Fouilles dans la grotta del Re Tíberio, pres d'Imola, Italíe. Matériaux pour l'histoire del l'homme, Vol. 1, Paris, 1865.

D. Zauli Naldi, Sulla grotta del Re Tiberio. Faenza, Tip. Marabini, 1869.

G. Scarabelli, Notizie sulla caverna del Re Tiberio. Atti della Soc. It. Di Scienze Naturali, Vol. XIV, Fasc. XV, 1872.

P. Zangheri, La Grotta del Re Tiberio. La Pié, Forlì, 1930, nn 9 e 10.

P. Zama, La leggenda del Re Tiberio. F.lli Lega, Faenza, 1930.

G. Mornig, Fascino di abissi. Tip. Monciatti, Trieste, 1949.

Conosciuta da qualche secolo, la grotta, oltre ad essere stata abitazione preistorica, fu luogo di rifugio di uomini d'arme e di banditi, ed in seguito, probabilmente, di falsi monetari.

Interessante sotto ogni rapporto, fu meta di ricerche scientifiche da parte dello Scarabelli di Imola, di un altro imolese, il Tassinari, e del faentino Zauli Naldi. Il materiale rinvenuto in questa grotta è conservato nel Museo di Imola.

Il corridoio iniziale di questa cavità, dopo una trentina di metri, sbocca in una grande caverna o duomo, dagli assi di 20 per 12 metri e 18 di altezza. Le pareti portano tracce evidenti di antiche acque scorrenti verso l'esterno. In un angolo, uno stretto crepaccio, dalle pareti rivestite da belle incrostazioni alabastrine, sprofonda per 12 m. e contiene al fondo, un bacino d'acqua.

Traversato longitudinalmente il duomo, per proseguire nella visita, è necessario scalare alcuni grossi massi franati che giungono sin quasi alla volta della galleria che si interna nel cuore dei monte. Si costeggia quindi un secondo pozzo che si apre tra le frane, profondo una trentina di metri, il quale si inabissa con una serie di gradinate naturali sino al fondo cieco chiuso da un bacino d'acqua.

Proseguendo per la galleria, si sorpassa un terzo pozzo di 18 metri, dalle pareti ricoperte di argilla; e poco più oltre, dopo aver superato uno spuntone, si giunge in una seconda caverna di proporzioni più piccole della prima, abbellita da varie concrezioni alabastrine e da varie formazioni stalattitiche; uno stillicidio perenne e copioso vien giù dalla volta, alta una decina di metri. Poco più oltre si apre il quarto pozzo, di una decina di metri, e da questo punto si stacca un cunicolo alto e stretto, nella parete destra, che prosegue pressochè rettilineo per circa 40 m. in direzione sud-est. In esso, come in quasi tutto il resto del meandro, le tracce delle antiche acque correnti segnano profondi solchi nella roccia. Testimonianza certa che la grotta, in epoche remote, raccoglieva traverso crepacci e per infiltrazione, o per veri e propri inghiottitoi della Vena del Gesso, le acque periodiche o perenni, convogliandole all'esterno, in funzione di risorgente.

La galleria principale prosegue ancora, divenendo quasi piana; il suolo argilloso, completamente sgombro di frane; le pareti, che vanno via via restringendosi, sono maculate da gruppi di cristalli di selenite, bianchissimi; in questo tratto si apre l'ultimo pozzo, di una dozzina di metri, il più difficile da scendere per lo spesso strato di argilla che riveste le pareti. oltre il pozzo, la galleria prosegue ancora per un centinaio di metri, andando lentamente abbassandosi e restringendosi, per rialzarsi leggermente nell'ultimo tratto, dove termina con una piccola cavernetta. Dall'entrata della cavità, alla cavernetta terminale, la grotta ha un dislivello di +15 metri.

La fauna di questa grotta è stata descritta nell'opera già citata di Pietro Zangheri; e la Tana, della cui inviolabilità i contadini si tramandavano la leggenda, fu completamente esplorata da ignoti, ancora nello scorso secolo, come lo attestano alcune iniziali, e la data del 1870, che si notano nella cavernetta terminale (*).

 (*) Purtroppo, da quanto mi hanno scritto da Brisighella, dal 1958 la visita alla Tana del Re Tiberio è tassativamente proibita da una Società industriale che ha acquisito tutta l'area del monte della Volpe e dei terreni limitrofi, per il razionale sfruttamento della massa gessosa a scopo industriale.

 E. 101 BUCO I DELLA VOLPE

Località: Monticino

Situazione: m. 500 da Brisighella, 315° Quota: m. 180

Prof.: m. 22

Sviluppo: m. 100 Pozzo esterno: m. 6

Pozzi interni: m. 7, m. 15

Rilevata nel giugno 1934

A nord-est del Santuario del Monticino, si apre un ampio e profondo vallone, formato, a tramontana, dalle scoscese "rive" o "calanchi", che scendono ripidi al fondo di questo, ed a mezzogiorno, dalla barriera gessosa che degrada dolcemente fino alle argille.

Qui si aprono due grotte che, periodicamente inghiottono le acque riversate dai vari torrentelli che scendono lungo i fianchi dei calanchi durante gli acquazzoni estivi e durante lo sgelo della neve. Il Buco i della Volpe è certamente l'inghiottitoio più importante, e si apre sotto uno spigolo gessoso, con un foro circolare di un metro di diametro, scendente a campana per 6 m., ed allargandosi alla base tanto da formare una cavernetta circolare da dove si dipartono due basse gallerie opposte l'una all'altra; la prima, volta a nord, è pressoché orizzontale, e porta ad un pozzo di 15 m., che comunica direttamente con la galleria sottostante, mentre la seconda, dopo alcuni metri, giunge sull'orlo di un pozzo di 7 m., al quale fa seguito una ripida discesa di pochi metri che dà, pur questa, nel sottostante, lungo 51 m.

Le pareti di tale galleria, ora strette ed ora larghe, sono striate ed erose profondamente dalle acque che vi hanno lasciato l'impronta indelebile del loro periodico passaggio. Il soffitto si mantiene quasi costantemente alto, dai 5 agli 8 metri, ad eccezione dell'ultimo tratto che va gradatamente abbassandosi tanto da non permettere, alla fine, il passaggio.

Il suolo argilloso è misto a sabbia, ed in esso si affonda sino alla caviglia. Uno sbarramento di frane, probabilmente dovuto al crollo che formò il pozzo di 15 m., ostacola il cammino, ma oltr'esso la galleria si biforca, per riunirsi nuovamente dopo alcuni metri e continuare fino alla strettoia impraticabile; oltre questa le acque vanno a scaricarsi nella grotta vicina, il Buco Il della Volpe.

 

E. 102 BUCO II DELLA VOLPE

Località: Monticino

Situazione.. m. 450 da Brisighella, 315°

Quota: m. 180

Prof : m. 26

Sviluppo: m. 85

Rilevata nel giugno 1934

Ha inizio con una dolina dagli assi di 12 per 16 m., di forma irregolare, tanto da formare in certi punti dei profondi crepacci. Un lato solo ne è accessibile, e precisamente quello volto al Monticino. Ripido e scosceso, porta ben presto ad una dozzina di metri di profondità, sopra alcuni massi franati che si intravedono qua e là, tra un groviglio di sterpi e di rovi, quando si inizia la discesa.

Al termine della china, oltre un balzo di 3 m., si apre uno spiracolo, semiostruito da terriccio, che immette in una galleria che segue verso sud per svoltare poi, bruscamente, verso est; a questa seconda svolta si stacca un cunicolo che si interna verso sud-ovest, cioè verso il Buco 1 della Volpe, strozzandosi dopo poco.

Il braccio principale si mantiene dapprima abbastanza largo ma, dopo una decina di metri si re stringe fino a mezzo metro.

L'altezza rimane quasi costante, sui tre metri; dopo circa cinquanta o sessanta passi, il meandro ha un piccolo balzo di circa un metro, cui fa subito seguito un gradino di cinquanta centimetri cui segue un ulteriore salto di due metri.

Qui dovetti sospendere la mia esplorazione; ma il cunicolo continua ad inoltrarsi ancora, e gli amici brisighellesi mi hanno assicurato, l'anno scorso (1957), di avere proseguito ancora per un bel tratto; purtroppo essi non mi hanno fornito dati di rilevazioni precise.

 

E. 103 BUCO PRESSO IL MONTICINO

Situazione: m. 560 da Brisighella, 320°

Prof.: m. 5

Visitato nel giugno 1932

Il buco si apre con un foro circolare di due metri di diametro, mascherato da folti grovigli di sterpi. Ostruito a poca profondità da materiale detritico, la disostruzione sembra facile e potrebbe aprire la via a probabili gallerie e caverne.

 

E. 104 BUCO SOPRA LA CAVA GRANDE

Località: Marana

Situazione: m. 750 da Brisighella, 284°

Quota: m. 230

Prof.: m. 15

Sviluppo: m. 12

Pozzo d'accesso: m. 12

Visitato nell'aprile 1932

Una depressione nel terreno converge le acque meteoriche in questa cavità, che ha inizio con una breccia di circa 1 mq. Il sito è poco discosto dal Santuario del Monticino, alla sinistra del sentiero che va a "Il Borgo".

La depressione del terreno è formata dalle argille turchine del Pliocene, arginate, nella loro parte più bassa, dal costone gessifero che scende con uno strapiombo verso la valle del Lamone. Con le acque, masse argillose scivolano nel pozzo, dando così luogo al comune fenomeno di riempimento delle cavità sotterranee. Di per sé questa grotta non ha grande importanza, se si eccettua la sua funzione di piccolo inghiottitolo; la cavità consta di un unico pozzo verticale di 12 m., che scende a campana, avente a sei metri un ripiano. Una piccola galleria inclinata corre verso ovest, svoltando bruscamente a sud e strozzandosi chiudendo così, inesorabilmente il passo. In questo punto si scorge, convergendo la luce nella fessura, una serie di piccoli balzi lungo i quali scorre, saltellando, un rivoletto d'acqua che sparisce per ignoti meandri.

Questa cavità non offre alcun aspetto caratteristico e degno di nota; le pareti sono prive di qualsiasi concrezione o cristallizzazione, e si mostrano in tutta la loro arida nudità, resa ancora più tetra dalle copiose acque di infiltrazione che scorrono lungo la roccia, rendendola viscida e nerastra.

 

E 105 BUCO DELLA CAVA

Località: Monticino

Situazione: m. 500 da Brisighella, 320°

Quota: m. 188

Vísitato nel giugno 1933

Si è aperto casualmente per lo scoppio di una mina, ostruendosi a poca profondità per il materiale franato a causa dello scoppio stesso.

 

E 108 BUCO DELLA CROCE

Situazione: m. 50 dalla vetta del monte di Rontana, 45°

Quota: m. 470

Prof.: m. 28

Pozzo di accesso: m. 18 Sviluppo: m. 15

Rilevato nel dicembre del 1932

L'entrata misura due metri per sessanta cm. circa; la cavità, presumibilmente, è dovuta ad un allargamento degli strati gessosi. Si raggiunge il fondo, costituito da terriccio, aiutandosi più con gli appigli che con la corda; le pareti che, all'inizio, distano tra loro circa 70 cm., si allargano a un metro, e sono rivestite da spesse croste di alabastro calcareo di color rosso sanguigno, striate da sottili venature bianco pallido. Mancano formazioni stalattitiche, e solamente qualche tratto di parete è rivestito da leggere cristallizzazioni di selenite.

Il suolo è abbastanza inclinato

 

E 109 BUCO I DEL MONTE DI RONTANA

Situazione: m. 150 dalla vetta di Rontana, 45°

Quota: m. 460

Prof.: m. 13

Sviluppo: m. 12

 

E 110 BUCO II DEL MONTE DI RONTANA

Situazione: m. 340 dalla vetta di Rontana, 60°

Quota: m 376

Prof.: m. 6

Sviluppo: m. 10

 

E. 111 BUCO III DEL MONTE DI RONTANA

Situazione: m. 390 dalla vetta di Rontana, 40°

Quota: m. 390

Prof : m. 6

Sviluppo m. 12

 

E. 112 BUCO IV DEL MONTE DI RONTANA

Situazione: m. 290 dalla vetta di Rontana, 290°

Quota: m. 370

Prof: m. 10

Sviluppo m. 16

 

E. 113 BUCO V DEL MONTE DI RONTANA

Situazione: m. 346 dalla vetta di Rontana, 35°

Quota: m. 360

Prof : m. 20

 

E. 114 LA TANACCIA

Nome locale: Tanazza

Località: Cavulla

Situazione: m. 500 da Cavulla (frazione di Brisighella),350°

Quota: m. 241

Sviluppo complessivo: m. 260 circa

Di grotte preistoriche esistenti nell'Emilia e conosciute fino ad ora, ve ne erano due: la Tana del Re Tiberio (vedi bibliografia), e la grotta dei Farneto, nel bolognese, descritta ampiamente da Luigi Fantini nella monografia "Le grotte bolognesi" (Tip. Naz., Bologna, 1934).

Ora, battendo la zona di Cavulla, la Tanaccia, indicatoci dagli abitanti della zona, per la sua caratteristica configurazione, diede luogo a sospetti che in seguito si rivelarono fondati, e cioè che nella preistoria fosse servita da abitazione. Prima però di narrare le attive ricerche ivi fatte, purtroppo per breve tempo, soprattutto a causa della scarsità dei mezzi a nostra disposizione, descriverò la sua conformazione.

La grotta si presenta con un maestoso portale arcuato, alto 8 metri per lo di larghezza, che dà il passo ad una caverna lunga 10 m.; oltre essa, scavalcando dei massi franati, si giunge nella seconda parte dell'ambiente, avvolto in una semioscurità. Le pareti e la volta sono ricoperte da candide cristallizzazioni gessose che, in certi tratti di parete, assumono una tinta leggermente verdastra a causa del muschio, o giallo-rossastra dovuta ad ossidi di ferro.

Nella prima caverna, e precisamente alla destra di chi entra, si aprono diversi crepacci che danno accesso ad un'altra cavità posta sotto la prima, e quasi delle stesse proporzioni se si eccettua la bassezza del soffitto. Pure sulla parete destra si apre un cunicole che si spinge nella viva roccia per 8 m., mentre nella parte più interna della caverna superiore, un crepaccio immette all'esterno, sfociando sul fondo di una piccola dolina.

Nella caverna sottostante immersa nella più completa oscurità, un torrente si è scavato l'alveo, per tutta la lunghezza della caverna, proseguendo al termine di essa, con uno stretto e basso cunicolo, intersecato da vari crepacci che comunicano con l'esterno; una dolina tronca la continuazione del cunicolo, ma oltre tale depressione il meandro prosegue ancora, dapprima con una cavernetta abbellita da due archi maturali e con il suolo coperto da massi franati. Da questa si stacca, alla destra del visitatore, un altro cunicolo, lungo 30 m., tendente a sud-est. il braccio principale prosegue ancora, intrammezzato da pozzi e crepacci che sfociano all'esterno, alti da quattro a dieci metri; sedici in tutto, lungo la china del terreno che ha un dislivello di una trentina di metri. A tratti, il cunicolo, da largo e basso che era, diviene stretto ed alto, sempre difficoltoso da seguirsi. Qualche rozza cristallizzazione lo adorna. Percorsi così un centinaio di metri, si è costretti a risalire più volte all'esterno, per poi ridiscendere nel seguente crepaccio per ritrovarsi nuovamente nel cunicolo che sembra non aver mai fine

il suo percorso è di circa 260 m. e, nell'ultimo tratto, forma una galleria stretta ed incassata, priva della volta che forse, perché sottile, è crollata non reggendo al proprio peso; qui il cunicolo, con un brusco salto, ha termine.

Pochi metri più lontano, sgorga da sotto un masso, una sorgente perenne. Il cunicolo però è ormai abbandonato dalle acque che scorrono ad una maggiore profondità salvo in casi di grandi acquazzoni quando l'eccesso delle acque arriva fino al cunicolo stesso.

Curioso poi il fatto che, a poca distanza da questa piccola sorgente di acqua normale, poche decine di metri appena, vi sia una piccola sorgente di acqua solforosa.

LE RICERCHE PREISTORICHE.

Tutto concorreva a render questa grotta un buon ricovero per le genti primitive: la parete strapiombante alla cui base si apre la grande caverna; un vasto spiazzo davanti all'entrata, chiuso ad est da una balza alta alcuni metri, a nord difeso dalla serie dei primi crepacci comunicanti con il cunicolo sotterraneo; un'uscita di sicurezza, naturale, che nella seconda parte della caverna comunica con l'esterno, in un punto che sfocia su di un piccolo pianoro al di sopra della caverna stessa, e dal quale si può dominare tutta la vallata del Rio delle Zolfatare.

La caverna, difesa così contro le insidie delle belve, degli uomini e delle intemperie, doveva essere certamente un ottimo rifugio per diverse famiglie. Ma da quello che si è potuto accertare già all'epoca della sua scoperta, la grotta ha subito una violenta e repentina trasformazione in seguito a un rovinìo di frane che staccandosi dalla volta innalzarono il pavimento, naturalmente in modo caotico, ma nel contempo ampliarono la volta fino a stabilire le condizioni allo stato in cui si trova oggi. t possibile che proprio a cagione di queste frane la caverna sia stata abbandonata dalle genti superstiti che l'abitavano; ad ogni modo il crollo dovette avvenire all'improvviso, e diversi abitanti rimasero schiacciati dai massi; se di questa piccola tragedia preistorica si aveva prima una semplice ipotesi, gli scavi eseguiti nel 1955 confermarono tale ipotesi.

Gli scavi di assaggio, durati alcune settimane appena, iniziati dal dott. Acquaviva e da me nel marzo 1934, furono continuati poi dall'Acquaviva e dal dott. Corbara, purtroppo per breve tempo, ma diedero nondimeno un risultato veramente soddisfacente.

La maggior parte del materiale venne trovata nel cunicolo laterale stretto nel quale non erano avvenute frane; mentre sotto l'arco d'entrata, e al termine della caverna, si rinvennero pochissimi cocci di anfore; gli scavi comunque furono abbastanza fruttiferi a parte la quantità di cocci trovati, alcuni striati da linee rette, altri da linee dentellate, ornamentali, vennero alla luce tre vasetti monoansati, al ti una dozzina di centimetri, di discreta fattura. Materiale quasi simile a quello della Tana del Re Tiberio e, come questo, cotto abbastanza bene.

Alcuni grandi cocci e grandi anse che si è cercato di ricostruire idealmente sulla base delle curvature, attestano una certa capacità (60 cm. di circonferenza), ma di fattura, i cocci, più grossolana, che dovevano certamente servire per la conservazione dei cibi e dell'acqua. Si rinvenne anche una scodelletta (funeraria?) di 3 cm. di diametro, simile alle numerose rinvenute nella Tana del Re Tiberio, e diverse ossa di animali, alcune lavorate, ed una punta di freccia di silicio.

Tutto questo materiale, già dal 1935, fa parte della "Raccolta Mornig-Bertini" nella Saletta Speleologica del Museo di Scienze Naturali del Liceo Torricelli di Faenza.

Circa gli scavi eseguiti nel 1955, sotto gli auspici della Sovrintendenza di Antichità per l'Emilia e Romagna, oltre ai numerosi cocci di anfore, vennero alla luce macine di arenaria e punteruoli; e resti umani sotto a un macigno che riuscimmo a smuovere, disposti in modo da confermare l'ipotesi che furono le frane a seppellire una parte degli abitanti di questa caverna. Ed ancora, in ulteriori scavi eseguiti nel 1957, furono rinvenuti alcuni monili di bronzo tra cui un fermacapelli; onde risultò indubbio in questa zona il periodo di transizione tra l'eneolitico ed il periodo pre-etrusco.

 

E. 11 6 BUCO BIAGI

Località: Vernello Vecchio

Situazione: m. 590 da Cavulla, 272°

Quota: m. 270

Prof.: m. 24

Sviluppo: m. 53

Questa cavità si apre sul fondo di una dolina con una stretta apertura mezzo ostruita da terriccio, e scende con una serie di gradinate irregolari per 24 m., terminando con una piccola caverna.

 

E. 121 ABISSO LUIGI FANTINI

Nome locale: Bus d'e caden d'Pilét

Situazione: m. 100 dalla vetta di Rontana, 5°

Quota: m. 460

Prof.: m. 156

Pozzi interni: m. 3-5

Esplorata il 2 settembre 1934

Bibliografia: G. Mornig, Fascino di abissi

 Il più profondo abisso che si apra in masse gessose, nell'Emilia e probabilmente in Italia.

Dopo una prima esplorazione, in cui si raggiunse i 90 m. di profondità, ne seguì una seconda e quindi, il 2 settembre 1934, una terza che, in numerosa compagnia, raggiunse la mèta.

In seguito molte persone visitarono l'abisso, tra cui gl'invitati del "Resto del Carlino", Perbellini che descrisse mirabilmente la cavità. e G. Cani.

Inizia l'Abisso sotto il fianco nord, e sul fondo di una vasta dolina cupa e profonda dal fondo piano, conosciuta come "il catino di Pilato"; l'ingresso è modesto, misura poco più di un metro per molto meno di larghezza e con un balzo di un paio di metri si entra in un vano che altro non è che una frattura lunga una decina di metri, tendente ad est, dove, al fondo forma una piccola caverna lunga una ventina di metri che corre irregolarmente verso nord. La volta, alta in media due metri, è erosa in modo straordinario; al termine di essa vi è un balzo di due metri che dà in un'altra cavernetta di 4 m. per 5 di altezza. Qui si ha una diramazione: una galleria prosegue verso nord, ostacolata da cumuli argillosi; oltre questi, alcune fessure quasi impraticabili scendono verticalmente e, presumibilmente dovrebbero arrivare sopra l'imbocco del Passaggio della Penitenza. L'altra galleria, la principale, porta dopo pochi metri, direttamente all'imbocco del primo pozzo; l'inizio di esso è bellissimo per il biancore delle incrostazioni calcaree alabastrine, e per le numerose formazioni stalattitiche che pendono dalle pareti, con aspetti veramente pittoreschi.

Il pozzo, largo in media due metri, scende verticalmente, interrotto a 22 m. di profondità da un ripiano; pure questo tratto è rivestito da concrezioni di delicata tinta bianco avorio: ma la sua particolare caratteristica è una lama di alabastro che ad un metro di altezza dal ripiano, sale verticalmente per quattro metri; di uno spessore di una decina di cm. questa lama cristallina e trasparente dà l'impressione che debba cadere da un momento all'altro e battendola con le nocche delle dita dà un suono che somiglia a quello di un gong.

Oltre il ripiano accennato, il pozzo continua per altri 13 m., sempre verticalmente; lame di gesso taglienti rendono disagevole la discesa; le pareti sono relativamente strette, ma alle spalle di chi scende, la spaccatura si prolunga. il fondo del pozzo è ricco di incrostazioni alabastrine, di forma mammellonare: le pareti si mantengono quasi costantemente alla distanza di un metro. Da questo punto, cioè dalla base del pozzo, ha inizio una serie di sbalzi più o meno verticali, da due a dieci metri, ma resi abbastanza praticabili da varie sporgenze rocciose; qualche passaggio aspro ritarda un po' l'avanzata; qui le pareti si mostrano nude e d'un grigiore plumbeo, stillanti acqua.

Grossi cristalli riflettono la cruda luce dei fanali, dando vivide iridescenze; l'ultimo balzo di 8 m., il più aspro per le rocce puntute e taglienti, dà adito ad una stretta e corta galleria in cui abbondano cristalli di scagliola; poi la galleria si fa stretta e bassa: il cunicolo si snoda per 5 m., divenendo nell'ultimo tratto alto 35 cm., con due curve brusche che rendono il passaggio ancora più difficoltoso. Oltre questa strettoia, vero passaggio della penitenza, il suolo si abbassa con un gradino e, rimanendo la volta sempre alla stessa altezza, il passo riesce più agevole.

Alcune strettoie ostacolano; il cunicolo prosegue bizzarramente striato dai vari livelli delle acque, con una serie numerosa di piccoli sbalzi che portano ad una maggiore profondità; ora il cunicolo corre verso nord, con una curva ad est, per poi tenere quasi costantemente il nord-est, fino quasi al suo termine.

Di tanto in tanto le pareti si allargano a formare delle cavernette rivestite da numerose formazioni stalattitiche; nella prima di queste, in un angolo, una strettoia segna la via delle acque. infilandosi sopra di essa, quasi all'altezza della volta, si perviene in una serie di altri cunicoli e d'altre cavernette, corsi perennemente da un torrentello che si può seguire fino al termine della grotta.

Una di queste caverne è adorna da un bellissimo gruppo stalattitico di notevoli proporzioni, di colore latteo, con riflessi cristallini. Ma i cunicoli e le caverne si susseguono ininterrottamente, intersecati da sbalzi, tutti fioriti da leggere concrezioni, salvo l'ultimo tratto che raggiunge la massima profondità.

Le ultime crepe, dove il ruscello sparisce gorgogliando in una stretta fessura verticale, segnano la fine dell'abisso e impediscono ogni ulteriore avanzata.

 

E. 123 BUCO VI DEL MONTE DI RONTANA

Situazione: m. 156 dalla vetta di Rontana, 45°

Quota: m. 462

Prof.: m. 12

Sviluppo: m. 10

 

E. 124 ABISSO DEGLI STENTI

Località: Castelnuovo di Brisigbella

Situazione: m. 1000 da Vespignano, 76°

Quota: m. 350

Prof.: m. 42

Esplorato nel novembre 1934

La genesi di questo abisso è dovuta ad una frattura delle stratificazioni gessose. Le pareti, strettissime tra loro, sono di un gesso marcio e friabile; a circa 20 m. di profondità, vi è una specie di ripiano su cui ci si può fermare; oltre questo le pareti si restringono ancora fino a raggiungere una distanza di circa 40 cm., ma poi, verso il fondo si allargano di nuovo fino ad un metro. Lungo il pozzo vi sono dei massi incastrati tra le pareti, che bisogna evitare con ogni cura. In questa cavità mancano assolutamente esemplari faunistici. Un particolare unico nelle grotte della Romagna, una sottile colonna di vapore acqueo si innalza dalla cavità durante la stagione invernale.

 

E. 125 BUCO I DI MONTE MAURO

Situazione: 55 m. dalla vetta del monte Mauro, 230°

Quota: m. 480

Prof: m. 5

Lunghezza: m. 5

 

E. 126 BUCO II DI MONTE MAURO

Situazione: 60 m. dalla vetta del Monte Mauro, 198°

Quota., m. 495

Prof.: m. 16

Lunghezza: m. 10

Pozzi di accesso: m.10, m. 10

 

E. 127 BUCO III DI MONTE MA URO

Situazione: m. 55 dalla vetta del monte Mauro, 189°

Quota: m. 497

Prof.: m. 28

Lunghezza: m. 24

Pozzo di accesso: m. 28

 

E. 128 BUCO IV DI MONTE MAURO

Situazione: m. 40 dalla vetta di monte Mauro, 192°

Quota: m. 498

Prof.: m . 32

Lunghezza: m. 30

Pozzo interno: m. 6

 

E. 129 BUCO DEL CREPACCIO

Situazione: m. 250 da Borgo Rivola, 218°

Quota: m. 300

Prof.: m. 19

Lunghezza: m. 28

Esplorato nell'ottobre 1934

E' un gran crepaccio che si apre a poca distanza dalla Tana del Re Tiberio e perfora, dall'alto in basso, una stratificazione gessosa; lungo le pareti si aprono varie cavernette e cunicoli ricchi di belle cristallizzazioni e di efflorescenze gessose e di formazioni dendritiche.

 

E. 130 GROTTA DELL'ELEFANTE

Situazione: m. 950 da Borgo Rivola, 268°

Quota: m. 160

Prof: m. 18

Sviluppo: m. 68

Esplorata nell'Ottobre 1934

Sotto i roccioni su cui era costruito il Castello dei Sassatelli, al fondo di un ampio avvallamento, si trova l'apertura di questa grotta la quale ha inizio con un balzo di tre metri. La volta, superato il basso portale d'entrata, si mantiene alta, mentre le pareti distano tra loro dai tre ai cinque metri. A circa quindici passi si ha la via ostacolata da un pozzetto di tre metri, che viene superato facilmente; poco più oltre la galleria si biforca: verso est, superata una strettoia, si giunge in un'altra galleria bassa e fangosa che le acque percorrono periodicamente ma per breve tratto.

Lungo gli argini di questo piccolo rio sotterraneo vegeta una varietà di piantine dal gambo diritto ed esile, di colore bianchiccio, con al vertice un fiorellino giallognolo. L'altra galleria si spinge verso ovest, salendo ripida, dividendosi poi ad un tratto, per ricongiungersi nuovamente e terminare con una piccola caverna ricca di formazioni stalattitiche e incrostazioni alabastrine di colore rosso.

Il nome della grotta deriva da una piccola formazione stalagmitica rinvenuta qui e somigliante ad un elefante, e che ora si trova nella Saletta Speleologia del Liceo Torricelli di Faenza.

 

E. 131 BUCO PRESSO I SASSATELLI

Situazione: 950 m. da Borgo Rívola

Quota: 226 m

Prof.: m. 5

E' ostruito dalle argille che, trasportate dalle acque scorrenti periodicamente nella dolina sul fondo della quale si apre questo inghiottitoio, si sono depositate all'ingresso; non venne esplorato, ma sembra che il suo interno possa riservare delle sorprese.

 

E. 376 GROTTA ROSA SAVIOTTI

Località: Marana

Situazione: 150 m. da Cavulla, 135°

Quota: 281 m.

Prof. m. 27

Sviluppo: m. 68

Pozzi interni: m. 7, m. 4

Esplorata nel luglio del 1934

 

E' una delle più belle grotte del brisighellese; si apre con una stretta fessura, disostruita dopo lungo lavoro, sul fondo di una dolina imbutiforme, del diametro di circa 30 m. profonda una decina. Superato lo spacco iniziale e due successivi gradini, piuttosto alti, si giunge in una cavernetta di piccole proporzioni, e la si supera per un cunicolo sopra un salto di pochi metri. Fin qui, il soffitto della grotta è costituito da un caotico ammasso di blocchi smossi che, incastrati come sono, si sostengono a vicenda; ma superato questo piccolo pozzo ed una strettoia, la galleria si presenta abbastanza larga, con volta arcuata e striata dall'erosione. Il suolo scende a gradini irregolari dovuti a blocchi di gesso franati, per un tratto di alcune decine di metri; poi la galleria diviene quasi regolare e sgombra di massi. Dopo una leggera svolta a sinistra, le pareti si stringono notevolmente, giungendo dai due metri iniziali a circa sessanta centimetri. La volta rimane sempre alta, sui tre, cinque metri; dopo un'altra svolta a destra, le pareti si mostrano rivestite da spesse croste di alabastro calcareo di un bel colore che dal rosso degrada all'ocra, rivestite alla loro volta da ricristallizzazioni gessose fragili e delicate, di bella lucentezza.

Le pareti in questo punto si restringono ancora, e un balzo di un metro ostacola il passo. Sia a causa della strettezza del cunicolo, sia per le pungenti ricristallizzazioni gessose che lacerano le mani e impigliano le vesti, sia per l'abbondante stillicidio che sgocciola dalla volta e dalle pareti, qui si fermano solitamente i numerosi visitatori; ma oltre questo ostacolo, la galleria prosegue per una quindicina di metri ancora, interrotta da un ulteriore pozzo di 7 m., di forma circolare, rivestito da incrostazioni alabastrine. Uno scalatore vi può discendere senza l'aiuto di corde, per quanto le pareti offrano pochi appigli, e la roccia sia percorsa da rivoli d'acqua che formano un bacino alla base del pozzo.

La galleria va snodandosi ancora, oltremodo tortuosa, abbassandosi notevolmente e restringendosi, fino ad un ultimo pozzo di quattro metri. Abbondano qui le incrostazioni alabastrine, ora di colore bianco ora rosee, che ricoprono le pareti e il pavimento, ove scorre un po' d'acqua.

Oltre quest'ultimo pozzo, la galleria corre ancora per un breve tratto, con acqua copiosa e sempre fra pareti rivestite da formazioni calcitiche, abbassandosi e restringendosi sempre più finché la strettezza del meandro precede ogni ulteriore avanzata.

La grotta porta tale nome perché durante la visita di numerose persone di Brisighella tra queste vi era una bambina, allora quattrenne, accompagnata dal babbo: appunto Rosa Saviotti.

       

Speleo GAM Mezzano (RA)