Giovanni Mornig - Grotte di Romagna

    

PREFAZIONE

Queste note sono il risultato di una campagna speleologica intrapresa dallo scrivente nel marzo 1931, e durata fino al giugno del 1935; vi aggiungo le osservazioni e gli appunti ricavati in tre successive campagne speleologiche effettuate la prima nel 1955, della durata di quarantacinque giorni, svolta con l'intento di studiare l'accessibilità delle più belle cavità sotterranee del brisighellese, grazie all'interessamento dell'allora Sindaco di Brisighella, Dott. Augusto Piccinini; la seconda, della durata di sessanta giorni, nel 1956, in cui esplorai il tratto della "Riva dei Gessi" tra i fiumi Senio e Sintria, scoprendo ventitrè nuove cavità sotterranee; la terza, di tre mesi, nel 1957, per i lavori di riordinamento della "Raccolta Mornig" nella Saletta Speleologica "Socrate Topi" al Liceo Ginnasio "E. Torricelli" di Faenza, e per una assunzione cinematografica a carattere documentaristico di alcune grotte della zona, in cooperazione con il prof. Emiliani e gli speleologi faentini e brisighellesi.

Questa monografia fu pure aggiornata per gli scavi preistorici organizzati, nel 1955, dalla Sovrintendenza Antichità per l'Emilia e Romagna nella grotta conosciuta come "La Tanazza"; scavi iniziati dall'autore assieme ai dottori Aequaviva e Corbara nel lontano 1933, come descriverò in seguito e che, con le attuali scoperte ribadiscono la tesi su quanto era accaduto in tale caverna circa 5.000 anni orsono.

Ora, per avere una vaga idea della formazione geologica della "Vena del Gesso", in cui si aprono queste cavità sotterranee, dirò che delle grotte esistenti tra le valli del Lamòne e del Santerno, tra i paesi di Brisighella e Tossignano, l'unica fino allora conosciuta (anno 1932), più dal lato preistorico che da quello speleologico, era la Tana del Re Tiberio; conosciuta sia per una leggenda che la circonda ancora oggi, sia per un alone di inviolabilità che la leggenda stessa le aveva dato; soprattutto è nota per i manufatti preistorici risalenti all'eneolitico, scoperti durante gli scavi eseguiti dal senatore G. Scarabelli nel 1851, da Giacomo Tassinari e da D. Zauli Naldi nel 1869, il materiale estrattovi si trova al Museo di Imola.

Delle altre numerose grotte sparse ovunque lungo la Vena dei Gessi, da Brisighella alla Valle del Sintria e alla Valle del Senio, solamente poche furono individuate e descritte nella loro posizione e funzione (attiva o senile), da Olinto Marinelli nei suoi 'Appunti per lo studio dei fenomeni cairsici nei Gessi d'Italia".

Da ciò si comprende facilmente come le numerose cavità sotterranee che si trovano in questa zona siano rimaste fino ad ora sconosciute o quasi.

Le "battute", che iniziai nel 1932, vennero eseguite col criterio della suddivisione delle zone. Ogni zona fu esplorata sistematicamente, sì che tutte le caratteristiche dei terreno soggetto ad indagine vennero rilevate e le cavità che man mano venivano individuate, vennero esplorate; naturalmente di grande aiuto furono le informazioni degli abitanti delle zone.

Le descrizioni che seguono sono sommarie e scheletriche, non volendo essere queste note che un breve accenno ai fenomeni carsici nei gessi di Romagna o, meglio ancora l'inizio di un catasto (di cui le prime venticinque grotte sono già ufficialmente elencate nel Catasto Generale curato dal Gruppo Speleologi P. Strobel di Parma (al 1957).

Accenno pure alle grotte ostruite da materiale detritico, sia per cause naturali o per volontà delle genti del posto nell'intento di evitare, nei luoghi più esposti al passaggio di persone o di animali incidenti, perchè tali cavità riservano spesso delle sorprese; molte di esse vennero aperte dai miei amici e da me dopo ore e ore di faticoso lavoro solitamente ricompensato con la scoperta anche di caverne vaste e profonde.

Con le ricerche speleologiche si presentava un altro importante problema, quello delle indagini idroipogee; ma purtroppo, come dirò al termine di questa monografia, tale studio, sebbene iniziato, non sono riuscito a portare a termine. Per cause di forza maggiore.

Sento il dovere infine, al termine di questa premessa, di ringraziare e segnalare tutti gli Amici che mi aiutarono e mi furono compagni in queste difficoltose esplorazioni che diedero un valido contributo alla conoscenza del "Carsismo romagnolo". Mi piace elencarli per ordine alfabetico, senza preferenze, tutti a me carissimi:
ACQUAVIVA dott. Stefano - Faenza
BELLUZZI Armando - Brisighella
BUBANI ing. Dino - Faenza
CASELLA Alice - Faenza
CASELLA dott. Oscar - Faenza
COLLINA doti. Carlo - Faenza
CORBARA dott. Antonio - Faenza
DALMONTE Domenico - Brisighella
DILETTI dott. Filippo - Brisighella
FANTINI prof. Luigi ~ Bologna
FERNIANI conte Rodolfo Brisighella
LEGA mons. Benedetto Brisighella
LIVERANI Nello - Brisighella
MANCURTI Oreste - Brisighella
MISEROCCHI Adolfo - Firenze
MISEROCCHI Vincenzo - Brisighella
MISSIROLI dott. Mario ~ Faenza
NERI dott. Virgilio - Faenza
PANZAVOLTA Cesare - Brisighella
SAVIOTTI Pompeo - Brisighella
SPORTELLE Gino - Brisighella
VALGIMIGLI Volturno - Brisighella
VICHI avv. Francesco - Faenza

La cosiddetta Vena del Gesso traversa, quasi rettilinea, la Romagna da nord-ovest a sud-est, grosso modo in parallelo alla via Emilia; ma questa fascia ha già inizi nel reggiano e la si può suddividere, secondo Marcello Frattini, in tre distinte zone:

 1) Zona carsica reggiana, con cavità relativamente recenti e di scarso sviluppo.

 2) Zona carsica bolognese, con masse gessose ampie e stratificazioni regolari che danno luogo ai normali fenomeni di pozzi e doline, e a cavità di grande sviluppo, come la grotta della Spipola (oltre 3.500 metri di meandri), e quella del Farneto.

 3) Zona carsica romagnola, di cui tratta questa monografia, che è compresa tra le valli del fiume Santerno (Tossignano), e del fiume Lamòne (Brisighella), di carattere più massiccio di quello bolognese, di un carsismo molto antico ma, all'opposto di quello bolognese, con un notevole ringiovanimento; ed è appunto qui, sul monte di Rontana, che si apre la grotta più profonda dell'Emilia, l'abisso Fantini, profonda 156 metri.

Il tratto che fu oggetto di questi studi eseguiti sistematicamente sui fenomeni carsici, è compreso, come dianzi ho detto, tra le valli del Senio e del Lamòne. Queste potenti formazioni gessose del Miocéne, sono circondate dalle argille turchine del Pliocéne, e si appoggiano sulle argille che, nel bolognese sono "tortoniane", ascritte dal Capellini al Miocéne superiore, come le "marne" biancastre elveziane che spesso si associano ai gessi.

Ritengo, e sono d'accordo con il buon amico Fantini, fondatore fino dal 1932 del Gruppo Speleologico Bolognese, che per stabilire ciò, occorrerebbe un sopralluogo in merito ai gessi saccaroidi della Romagna. Penso però, che pure in Romagna i gessi si adagino sulle argille "tortoniane". Altro dato interessante è quello che, logicamente, i gessi non si addentrino molto nel sottosuolo, in quanto si sono depositati durante il Miocéne, sulle argille che formavano il fondo marino, forse sui fondali delle lagune dell'antico mare messiniano, come attesta in modo irrefutabile la microfauna dei foraminiferi che si riscontrano nelle argille stesse.

Nei gessi si trovano leggere venature di zolfo e, a Brisighella è ancora vivo il ricordo di una vecchia miniera di tale minerale, tra il Monticino e la Rocca, ormai da decine di anni esaurita, ed ora murata. Ma caratteristica è, senza dubbio, una piccola e ben visibile vena di calcare fossilifero inclusa nella massa gessosa, quasi come una spina dorsale che, dal profondo dell'abisso Fantini, sul monte di Rontana, giunge, da quello che ho visto personalmente, fino alla grotta della Spipola sulla Croara, nel Bolognese. Ciò può far pensare ad una lenta trasformazione dell'originaria massa calcarifera che, irrorata da acque solfidriche in un ciclo di millenni trasformò il carbonato di calcio in solfato di calcio, cioè nell'attuale gesso, senza peraltro completare tale trasformazione; altrimenti come si spiega tale spina dorsale calcarifera, nel più profondo delle grotte che, di tanto in tanto dà luogo a bellissime formazioni stalattitiche? E a quella guglia che si erge, o si ergeva (mi è stato detto che è stata abbattuta per cuocerla e trasformarla in calce viva), nella Valle del Sintria, lambita dalle acque del torrente, di calcare fossilifero, ricco di una numerosa microfauna e da grosse conchiglie bivalvi, soprattutto di pecten?

Restava isolata sul greto dei torrente perchè le acque che irrompevano dall'Appennino aprendosi la via verso la pianura, sgretolando i gessi poterono appena scalfire ed intaccare la guglia calcarea.

 Dal torrente Senio che, dopo aver formato un vasto lago a sud della Vena del Gesso, incise e tagliò nel corso di un millenario lavorio di erosione la Vena creandone una bella ed orrida vallata, si innalza alla destra del torrente una parete quasi vetricale, per un centinaio di metri, che fa parte del complesso del monte della Volpe (m. 497); da questo, la Vena prosegue verso sud-est con una serie di gibbosità e di doline, culminando con il monte Mauro (m. 515) che, con una parete molto inclinata scende nella Valle dei Sintria; dall'altra sponda del torrente i gessi si innalzano a quota 400, e proseguono su per giù sempre a questa altitudine, per circa quattro chilometri, sempre sulla stessa direttrice, culminando con il monte di Rontana (m. 485), e degradando verso Brisighella nei tre caratteristici colli: il Monticino (m. 229), la Rocca (m. 191) e la Torre (m. 191).

I fenomeni carsici lungo il tratto dal Senio al Lamone, sono numerosi: le grotte, gli inghiottitoi, le risorgenti, le doline, i vari fenomeni di erosione, si notano ovunque. Ed è questa, probabilmente, la regione più tipicamente carsica di tutta l'Emilia. Certe zone, specialmente quella di Castelnuovo di Brisighella e quella tra il monte Mauro e il monte della Volpe, sono pressoché simili a certe zone del Carso triestino: distese di rocce, più o meno mascherate da radi ciuffi di ginestre, di erba secca e di rovi; e, su tutto, una nota di desolazione per l'aridità del terreno accidentato e forato dalle numerose vallecole doliniche in cui spariscono le acque meteoriche. Le rocce sono striate in tutti i sensi dalle acque e dai venti; centinaia di crepacci e di pozzi, molto spesso mascherati da rovi, portano a quel mondo di tenebre e di meraviglie, dove le acque creano giardini incantati di pietra dura o di fragili cristalli, dove in qualche cavità, gli studiosi rinvengono, a volte, resti di una umanità primordiale.

     

Speleo GAM Mezzano (RA)