Regione Emilia Romagna; Assessorato Pianificazione e Ambiente, Collana naturalistica - La Vena del Gesso - 1974
  

LE STAZIONI TERMALI DI RIOLO E BRISIGHELLA

Susanna Raccagni

È nel corso dell'Ottocento che le Terme identificano un fenomeno di massa, assorbendo lo sfogo delle collettive "smanie per la villeggiatura".

Eppure la storia del termalismo - lo si è visto - ha antiche ascendenze e gode il prestigio di ancestrali riti pagani. Soprattutto in quella Romagna che "(in massima parte a monte della via Emilia e lungo la vena di formazione gessoso-solfifera) pullula di celebrate sorgenti salsojodiche, sulfuree, ferruginose, cloro-jodo-bromo-magnesiache, ricche ciascuna di molti altri componenti minerali" (1). Racconta Costa che l'idea di rilanciare le locali acque minerali a scopo terapeutico venne a Giambattista Borsieri alla metà del XVIII secolo. Per questa via si resuscitavano antichissimi miti salutari e pagani. Ne abbiamo parlato in riferimento ai culti della Tana del Re Tiberio, in età pre-protostorica. Certo è che al rilancio delle acque termali servivano fatti più che parole: non par proprio che posti letto, locande o alberghi, ricoveri per cavalli fossero ad ogni angolo di strada. E neanche un po' più in là.

Tra Sette e Ottocento, la realtà che ci riassume Costa è un'altra, assai più scomoda: "Di alberghi, locande, caffè, locali di ritrovo e divertimento, neppure l'ombra: solo vecchie case in gran parte malmesse e poveramente ammobigliate, la chiesa parrocchiale, l'antica rocca, poche botteghe e un paio di osterie". Paradossalmente, visto il quadro, la nascita del termalismo in Romagna deve molto a Riolo. Alla sua gente che si industriò ad ospitare i forestieri lì inviati per le cure. Al governo napoleonico che per primo intuì le funzioni di pubblica utilità delle acque (2). "Nei tre lustri della sua durata - pur senza prestare aiuti finanziari e senza risolutivi interventi - esso cercò di incoraggiare e disciplinare il concorso alle fonti riolesi, di sollecitarne un assetto degno della fama più accogliente e conforme alle regole dell'igiene e della decenza" (3).

Poco alla volta il termalismo si impone: crescono le capacità ricettive di Riolo per l'ospitalità dei suoi abitanti; per la loro intraprendenza che è gran voglia di riscattarsi da condizioni economico-sociali di estrema povertà e indigenza. I problemi organizzativi non mancano di certo nel pieno della stagione. Allorché bisognava provvedere a governare l'afflusso dei forestieri. Nel 1859, ragioni politiche concorrono a creare confusione: l'autorità municipale di Riolo non varò le disposizioni per la stagione; vi provvide Ravenna, ma intanto scoppiarono disordini a Riolo: pare che gli abitanti delle campagne fossero avversi al nuovo governo (4). Beghe politiche a parte, va da sé che a metà Ottocento il termalismo a Riolo è una sicura realtà; non è più un evento marginale rispetto al tessuto socio-economico del paese: perché ora il borgo è in grado di offrire strutture e servizi. Si risveglia l'economia locale, crescono gli introiti e il giro d'affari legato alla stagione. E in misura notevole, visto che nell'occasione Riolo funge da esempio per i comuni vicini, Brisighella in testa. Diversamente dal passato, allorché gli stenti e i disagi creati all'ospitalità di gente che s'improvvisa affittacamere (poveri di tutto, questi primi pionieri di attività alberghiere locavano l'unica stanza decente delle loro misere case) non allettavano quanto basta e non per tutti compensavano i vantaggi economici derivanti: così che i Brisighellesi abituati a vivere con una certa "comodità e senza l'assillo del bisogno, non si adattavano ad ospitare forestieri neanche a patto di grossi guadagni" (5). Riolo si rinsalda comunque al primo posto. Le cifre perlustrate da Costa parlano chiaro: "dai 1500 del 1827 i bevilacqua soggiornanti erano saliti nel 1849 a 2224; aumentarono a 2480 nel 1856, a 3200 nel 1857 e sfiorarono i 4000 nel 1859 (6). Quali le sorgenti di Riolo? La sulfurea "la Breta"; tra le clorurate sodiche la più ricca di sale è quella denominata "Vittoria", segue la "Margherita" meno salina. Entrambe sgorgano lungo il Rio vecchio dei Bagni, lo stesso da cui si ricavava il sale nelle epoche passate, a metà del '400, prima del divieto imposto dalla S. Sede che istituì il monopolio delle saline di Cervia nel 1509. Ila scritto Scicli, sintetizzando un precedente studio di L. Costa sul termalismo a Riolo: "nel 1826 Carlo Caroni, detto Carlì de' Sel, priore del Comune di Riolo e accensatore, non riuscendo a vendere il sale di Cervia, che forse aveva subìto da parte della Camera Apostolica un ennesimo rincaro, andò a lagnarsene col cardinale legato Agostino Rivarola. Questi allora ordinò la fissione di un editto per avvertire il popolo che avrebbe comminato severissime pene a quei cittadini che avessero osato estrarre sale dalle acque clorurato-sodiche, in quanto "nocivo alla salute pubblica" e, più ancora, osserva acutamente il Costa, all'erario pontificio" (7).

Le sorgenti più importanti di Brisighella sono denominate del Colombarino I e Il. La loro mineralizzazione, come al solito, dipende probabilmente dai gessi di cui son ricchi i dintorni di Brisighella. In effetti acque salate sgorgano un po' ovunque in prossimità dei gessi, A Casaglia, nel Bolognese, già il Calindri segnalava la presenza di acque dal sapore amarognolo. E non solo lì. A Sassatello, a Tossignano sempre ricorre la nota sul cattivo sapore delle acque (8). Oggi le terme di Riolo sono famose per la cura di asma bronchiale, bronchiti croniche, tracheiti, ecc.; quelle di Brisighella sono indicate contro le infiammazioni delle vie respiratorie, le artriti, l'obesità, le affezioni ginecologiche.

In queste valli, il termalismo è oggi più che mai ricchezza, polo per la crescita delle aree produttivamente più deboli del circondario faentino. Sempre a patto che si scoprano nuove attrattive in grado di rilanciare l'antica moda della villeggiatura, azzerando i segni della neo-tendenza al pendolarismo.

Indizio premonitore. Come segnalano i numeri relativi alle frequenze registrate dalle attrezzature termali, il cui indice - che nel 1979 aumenta sensibilmente - parallelamente divarica la forbice rispetto agli arrivi-partenze che calano: "ne risulta che le terme sono frequentate da individui che non soggiornano nel Comune" (9). Situazione analoga nel 1980: a fronte di un incremento del 5,4% degli arrivi, quello delle presenze si attesta all'1,5 %o. Dei due più probabili motivi di crisi, processo inflazionistico che da un lato trancia l'economia familiare, e mancanza di attrezzature per lo svago e per il tempo libero, dall'altro, è quest'ultimo che vogliamo segnalare. Evidentemente non si tratta della mancanza di giostre, scivoli, ecc., insomma dei parchi giochi attrezzati. Piuttosto, il dato elementare è che alle soglie del 2000, il movimento turistico ha cambiato volto e domanda, disarticolandosi in più segmenti: così che alle tradizionali frange di utenti, se ne aggiungono - o se ne aggiungerebbero - oggi di altre, attratte dal cosiddetto turismo alternativo: più di ieri alla ricerca di un autentico rapporto fisico con l'ambiente, nonché culturale. E fin troppo chiaro dove il discorso va a parare: certamente la costituzione di un Parco Regionale dei Gessi individua - noi crediamo - la più naturale e idonea risposta alla domanda crescente di agriturismo, qui semmai arricchita di escursionismo e speleologia, date le caratteristiche paesaggistiche e carsiche della catena gessosa. Una moda? 

Certamente lo è - in parte - con quanto vi è in essa di negativo perché passeggero e aleatorio. Ma sia chiaro: ben venga la moda se è l'unico mezzo attraverso il quale la maggior parte di politici e di giornalisti - ed è ovvio perché - hanno scoperto solamente con il dopo Chernobyl dov'era la coscienza della gente, perlomeno della più sensibile e attenta agli effetti e rischi delle rapide e artificiali manipolazioni dell'homo faber-oeconomicus, che nelle sue smanie produttive dimentica la regola prima, l'assioma indiscutibile di ogni seria e onesta prassi scientifica, ossia la verifica ricorrente e sistemica delle varie tappe del proprio lavoro.

Del resto, se ci è concesso di abbassare per un attimo il tono del discorso, va da sé che il successo di una famosa canzonetta degli anni '60 dipese dall'aver prontamente fotografato l'alienazione del "solocase e cemento".

La storia della fascia gessosa vi rassomiglia almeno un po': per quella parte geologicamente e naturalisticamente crivellata, chiamata a pagare il prezzo delle sue cave, degli scoppiettanti botti delle mine, di quella diffusa "ingessatura" mai pianificata. Insomma, il prezzo di un profilo culturale basso e miope, che vanta e ha - si fa per dire - i suoi illustri paladini, come ci attestano alcune parole così limpide da render superfluo ogni altro commento: "Si tacciano gli imprenditori di speculare come se chi intraprende l'attività industriale dovesse fallo per beneficienza e non con l'intento di investire vantaggiosamente i proprio capitali; e si dimentica che questa "speculazione" crea posti di lavoro. Si sta tentando perfino di varare apposite leggi per impedire che si scavi onde salvaguardare un paesaggio di nessun e scarso interesse. Quale paesaggio si vuol difendere? Dove affiora il gesso si hanno di norma terreni brulli, ricettacoli di vipere, luoghi malsicuri per frane e scoscendimenti naturali che nessun scavo potrebbe alterare se non, forse, in meglio" (10). 

 

(1) L. Costa, La balneo-crenoterapia e la nascita del termalismo di massa nella Romagna dell'Ottocento, in corso di stampa presso l'editore Ferlini. Ringrazio l'Autore per avermene concesso la visione in anticipo.

(2) Ibid., p. 396.

(3) Ibid.

(4) L. Montanari, "Rapporti politici dei Comuni di Castel Bolognese, Riolo e Casola Valsenio con la giunta provvisoria di governo di Ravenna nel 1859", in "Studi Romagnoli", 1963, pp. 125-135.

(5) L. Costa,, cit., p. 401.

(6) Ibid.

(7) Scieli, L'attività estrattiva..., op. cit., 1972, p. 592.

(8) Calindri, op. cit., le varie voci esaminate.

(9) Quadro della programmazione regionale, cit., p. 84.

(10) A. Scicli, L'attività estrattiva e le risorse minerarie della Regione Emilia-Romagna, citato in D. Marangoni, cit., 1972, pp. 130-131.

   

Speleo GAM Mezzano (RA)