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Regione Emilia Romagna; Assessorato
Pianificazione e Ambiente, Collana naturalistica - La Vena del
Gesso - 1974
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ETA' E DURATA DEI
GESSI ROMAGNOLI
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L'OROLOGIO
ASTRONOMICO IN COMPETIZIONE CON QUELLO ATOMICO
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Gian Battista
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Tutte le volte in cui si parla di
fossili il comune lettore o interlocutore è già maliziosamente
abituato a chiedere al geologo: quanti anni ha?
Involontariamente è proprio la mentalità geologica che,
conscia del valore cronologico dei fossili, li associa
automaticamente a una età e favorisce le domande curiose e un
po' scanzonate del pubblico. In realtà, i geologi, mediante lo
studio dei fossili, da quasi due secoli sono in grado di dare
un'età relativa alle rocce che li contengono. Riconoscono cioè
facilmente la più antica dalla più recente e l'ordine di età
in cui si dispongono oltre un centinaio di intervalli rocciosi
principali (e quindi altrettanti intervalli di età). Alla gente
però interessa un numero (per lo più in milioni di anni) più
che un nome convenzionale di età (come è, ad esempio, il
Messiniano). Lo stesso capita per la storia, dove per esempio
l'età "Basso Medio Evo" è un termine un po' vago per
il pubblico, mentre il "1200" o il "1300"
sono assai più concreti. Ebbene, con una approssimazione,
abbastanza accettabile, di qualche per cento, oggi i geologi
possono dare il valore numerico dell'età di ognuno dei cento e
più intervalli definiti a partire dalla base del Cambriano,
oltre 500 milioni di anni fa, quando i fossili si fanno
abbondanti. Così, ad esempio, il limite fra Mesozoico e
Terziario, oppure tra Cretaceo e Paleocene (quando scomparvero i
dinosauri), è di 66 milioni di anni (Ma) con l'approssimazione
di un milione di anni. Oppure il Messiniano è quel pacco di
strati e/o quell'intervallo di tempo che comincia a circa 6,5 Ma
(con l'approssimazione di 3-400.000 anni) e finisce a 5 Ma (con
l'approssimazione di circa 200.000 anni). Ciò, però, è
possibile oggi dopo la scoperta, ai primi del 900, della
struttura dell'atomo e del decadimento radioattivo, che fornisce
una specie di orologio atomico naturale per misurare l'età
delle rocce. Allora si pensava che l'età della Terra fosse al
massimo di qualche centinaio di milioni di anni. Oggi, invece,
stimiamo un'età di circa 4,6 miliardi di anni. Della strada in
questo campo se ne è fatta molta, combinando insieme i classici
dati della paleontologia e della stratigrafia con quelli più
recenti del decadimento radioattivo e quelli odierni di
inversione del campo magnetico terrestre e di variazione
temporale della quantità di certi elementi chimici nell'aria,
nell'acqua e nelle rocce.
In questi ultimi anni, si
apprezza in maniera crescente l'utilità di datare depositi
geologici di tipo ciclico riferendoli a cicli astronomici, di
durata nota, collegati con le perturbazioni dell'orbita
terrestre. Essi sono la precessione degli equinozi
(19.000-23.000 anni), l'obliquità dell'orbita (43.000 anni) e
l'eccentricità dell'orbita (un ciclo breve di 100.000 anni e
uno lungo di 413.000 anni). Il primo ad applicare
quantitativamente questo metodo fu Milankovitch, nel 1941, con
la sua famosa curva di variazione dell'insolazione per effetto
combinato dei tre processi suddetti, calcolata per interpretare
le alternanze calde e fredde nel cosiddetto Quaternario glaciale
(ultimi settecentomila anni). Oggi il metodo è stato ripreso su
larga scala per fare correlazioni temporali molto accurate e per
ottenere datazioni negli ultimi 10 milioni di anni.
E' naturale, allora, che si sia
pensato di applicare questo metodo alla sedimentazione ciclica
così marcata nelle evaporiti della Vena del Gesso e anche nella
sovrastante Formazione a Colombacci.
Nei gessi della Romagna (e ancor
meglio in quelli della Sicilia) si riconoscono almeno quattro
ordini di ciclicità:
1) le grandi bancate gessose,
separate dalle argille euxiniche, a lunghezza d'onda della
decina di metri; le bancate sono formate da: 2) lamine maggiori
metriche; 3) lamine intermedie decimetriche; e 4) lamine minori
centimetriche. All'interno di ogni lamina c'è una relativa
continuità nell'accrescimento cristallino che, a un certo
punto, viene interrotto da una brusca diluizione delle acque
delle saline, accompagnata da deposito di argilla e di sabbia
formata da frammenti semidisciolti e erosi di gesso.
Il problema ora è di scegliere
il processo responsabile di questi vari livelli di ciclicità. I
dati di partenza sono: 1) la grande uniformità di queste varie
ciclicità in quasi tutto il Mediterraneo; 2) la durata totale
dell'intera successione evaporitica che deve essere una frazione
(forse la metà o meno) della durata totale del Messiniano
compresa tra 1,5 e 2 milioni di anni, come visto sopra. Se
immaginiamo che i cicli di ultimo ordine possano avere un
controllo stagionale (alternanza tra secco-caldo con crescita
cristallina e algale e umido-freddo con stasi e diluizione
relativa) otteniamo durate di alcune migliaia di anni per
bancata gessosa. Se, invece, partiamo dai cicli di primo ordine,
dividendo 750.000 anni (semidurata del Messiniano) per 15-16
cicli otteniamo valori di poco inferiori a 50.000 anni per
ciclo. Questa netta differenza a seconda dei due punti di
partenza è reale o fittizia? Dovrebbe essere fittizia, se si
avverte che nel primo caso ci siamo riferiti solo alla bancata
gessosa, mentre nel secondo abbiamo considerato il ciclo
completo con le argille euxiniche, i calcari stromatolitici, e
le porzioni rielaborate di gesso, marne e argille che
costituiscono le porzioni terminali dei cicli di primo ordine e
le sottili partizioni delle lamine. Sulla base di questo
confronto si può arguire che il tempo di accrescimento del
gesso, in una bancata o nel totale, sia circa 1/10 rispetto al
tempo necessario alla deposizione dell'intero ciclo (o cicli).
Nell'insieme, questo significa che la frazione di tempo
Messiniano da attribuire al totale delle evaporiti, rispetto
alle argille pre-evaporitiche e alla Formazione a Colombacci, va
ancora diminuito. In questo modo, è assai probabile che i cicli
evaporitici di primo ordine si possano riferire a un controllo
astronomico tipo 40.000 anni, se non addirittura tipo 20.000
anni. Nei due diversi casi ipotizzati, la durata delle evaporiti
della Vena del Gesso sarebbe di poco più di 600.000 o di
300.000 anni rispettivamente.
Per la ciclicità della
Formazione a Colombacci (6 orizzonti di calcari lacustri color
tortora, da cui il nome del gergo locale) è stato suggerito un
controllo del ciclo astronomico di 100.000 anni, il ché darebbe
all'intera Formazione una durata di oltre 600.000 anni, per
tener conto della porzione basale in cui la ciclicità è meno
chiara.
La durata della porzione
pre-evaporitica del Messiniano sarà precisabile meglio quando,
fra breve, si otterranno le ultime date radiometriche di alcuni
straterelli di ceneri vulcaniche trovate ai piedi della Vena del
Gesso da Brisighella a Gesso e ben conservate nell'area del
crinale fra Senio e Santerno. Sembra che l'ultimo orizzonte
vulcanico, quasi coincidente col limite Tortoniano/Messiniano,
che qui si individua assai bene per le ricche faune a
Foraminiferi, abbia una età assai prossima a 7 Ma. Col che, la
durata dell'intero Messiniano sarebbe di due milioni di anni e
la frazione evaporitica ne occuperebbe un decimo e mezzo e due
decimi e mezzo, a seconda del tipo di processo che controlla i
cicli di primo ordine.
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Cristalli
esagonali di biotite estratti da argille, contenenti
ceneri vulcaniche, poste alla base della Vena del Gesso.
Hanno fornito una età di 7,28 +/- 0,1 milioni di anni.
I cristalli sono appoggiati su un film di plastica
raggrinzito. (foto G.B. Vai - P. Ferrieri) |
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