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Regione Emilia Romagna; Assessorato Pianificazione e Ambiente, Collana naturalistica - La Vena del Gesso - 1974 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
COLEOTTERI Ettore
Contarini Sono
migliaia le specie di Insetti distribuite in un mosaico di subambienti
dalle caratteristiche peculiari e in molti
casi uniche a livello di territorio romagnolo e oltre. Questo
perché sono da considerare da un lato le facies accentuatamente
submedíterranee della bastionata sud-est della
"Vena" e, nel contempo, gli ambienti opposti frescoumidi
dei versanti settentrionali, caratterizzati da doline, inghiottitoi,
risorgenti, grotte, torrenti sotterranei e quant'altro
riguarda i fenomeni carsici (Contarini, 1980 e 1985b). Una
tale conformazione geo-morfologica e ambientale ha naturalmente
creato una lunga serie di nicchie ecologiche ben
differenziate entro cui si è insediata, specialmente durante
le vicissitudini glaciali e interglaciali pleistoceniche, una
interessantissima fauna di Artropodi. La Romagna è una
"cerniera" biotica tra la media Europa e il Mediterraneo:
azzeccata definizione di questo territorio. La definizione
calza bene in particolare proprio per la Vena del Gesso.
Anche per gli Insetti, infatti, troviamo qui questi singolari
aspetti faunisticamente così diversi, in modo particolare
per i Coleotteri. Aspetti
d'altronde che denunciano chiaramente una notevole
quantità di "relitti" faunistici dovuti al succedersi locale
di fasi climatiche ben differenti dalla situazione attuale (Contarini,
1991). Dunque, uno sfaccettato gruppo di
facies faunistiche schiettamente termofilo-mediterranee e
un secondo gruppo boreo-continentale o atlantico. In nessun'altra
area romagnola, dal mare ai 1650 metri dei monti
Falco-Falterona, troviamo dei "relitti" così topograficamente vicini, spesso insediati a poche decine di metri, e così
diversi come origine paleo-zoogeografica (Contarini, 1991). Nelle
pagine che seguono si cercherà, in modo particolare, di evidenziare due
aspetti della coleotterofauna locale: 1)
le "specie-guida" più appariscenti, anche per l'escursionista,
di alcuni subambienti caratteristici; ossia qualche
esempio delle entità che tutti, se dotati di un po' di attenzione,
possono incontrare con relativa facilità percorrendo
sentieri, attraversando radure, osservando le frasche
e i fiori, notando ciò che vola sopra le erbe prative; 2)
le specie di emergente interesse scientifico-naturalistico e
biogeografico, la cui presenza (anche se spesso nota solamente
agli "specialisti") appare particolarmente significativa
per dare una "impronta" entomologica sufficientemente
definita alla coleotterofauna dei Gessi romagnoli, dove non mancano tra
l'altro localizzatissimi ma importanti endemismi (vedi oltre). Per
giungere a questa descrizione faunistica si analizzano qui
di seguito i principali subambienti della Vena gessosa. Crinali
soleggiati e garighe rocciose aride del versante sud Questo
ambiente, che raggiunge nelle falesie a balzi e strapiombi
del versante meridionale il suo massimo grado di "mediterraneità"
(sia per la flora che per la fauna), annovera naturalmente uno
scarsissimo numero di Coleotteri geofili
in senso lato. E ben noto infatti come i piccoli predatori
al suolo (Carabidi, Stafilinidi ecc.) prediligono nella quasi totalità delle specie ambienti fresco-umidi; magari anche
soleggiati, come avviene per molte entità ripicole, ma
sempre in presenza di accentuata umidità del terreno. Perciò
gli ambienti caldoaridi, tipo l"oasi xero-termica" distribuita
nei costoni sud della Vena del Gesso romagnola, sono
in compenso il regno incontrastato della coleotterofauna
fitofaga e xilofaga (Contarini, 1985b); quindi, di tutte
quelle numerosissime specie che come biologia si sviluppano,
rispettivamente, nelle piante erbacee (e parti verdi fogliacee
di arbusti e alberi) e nei fusti legnosi. Si tratta di
una piccola fauna bisognosa di forte insolazione e di temperature
elevate, con clima mite anche durante l'inverno, sia per svilupparsi
all'interno dei vegetali più svariati
che per l'attività motoria degli adulti. Percorrendo questi balzi ad aridi praticelli (gàriga) e a cespuglieti
termofili, specialmente nei mesi da aprile a giugno,
possiamo notare una moltitudine di specie dalle mille forme e
colori; di norma sono Coleotteri dai 0,5 ai 2 centimetri
di lunghezza, appartenenti ad almeno una dozzina di famiglie diverse, ma vi appaiono a volte anche specie più
grosse (vedi oltre). Alcuni elementi risultano molto diffusi;
o meglio, molto "evidenti" a chiunque per le loro abitudini
di vita allo stato adulto: ad esempio, tutti quelli appartenenti
alla grande categoria dei "floricoli". Questi ultimi,
eliofili e pollinivori (spesso anche nettarivori), frequentano
comunemente i fiori di molte specie erbacee ed arbustive.
Frequenti compaiono gli esemplari dello Scarabeide
Hoplia farinosa
(specialmente
su Biancospino); i Cerambicidi
Strangalia
bifasciata e
S. maculata
(su Carota
selvatica, Rovo, Achillea), Stenopterus
rufus (sulle
identiche
essenze); i Buprestidi Acmaeoderella
flavofasciata (su
Ombrellifere varie), Anthaxia
millefolii (su fioriture
erbacee
plurime), Anthaxia
nitidula (con
la specie precedente)
(Fig.
2) (Contarini,
1985a, 1985b). Ma
le specie più interessanti sono quelle non attratte dai fiori; quelle
cioè che difficilmente si scorgono con ricerche
"a vista", anche da parte di entomologi esperti, ma che
bisogna reperire con alcuni "trucchi del mestiere": ad
esempio, spalmando sostanze zuccherine collose (melasso,
marmellata, frutta matura con birra e altri materiali che
facilmente fermentano) sui tronchi degli alberi, sulle foglie,
sui rami, sulle rocce, come "esca" dolce; oppure battendo le frasche e le fronde dopo aver posto un telo bianco
sotto, steso sul terreno; o ancora, con migliori risultati,
"allevando" in laboratorio le larve raccolte nei legnami
deperienti o nei fusterelli erbacei che dalle ricerche
di campagna sono apparsi infestati. Quest'ultimo metodo, sebbene richieda una certa esperienza, mostra però
il grande vantaggio di concedere una notevole mole di dati
biologici e la sicura relazione locale tra il parassita e
le piante ospiti (Contarini, 1984 e 1988). Campionando con i sistemi appena esposti la macchia submediterranea,
si può accertare la presenza di parecchie specie
termofile, più o meno rare nell'Italia settentrionale, come i Cerambicidi Clytus
rhamni, Caenoptera umbellatarum, Axinopalpis
gracilis, Brachypteroma ottomanum, Nathrius brevipennis,
Stromatium fulvum, Pogonocherus perroudi, Semanotus
russicus; i
Buprestidi Acmaeodera
quadrifasciata,
Acmaeoderella pilosellae, A. bipunctata, A. discoidea, Ptosima
flavoguttata, Coroebus florentinus, Sphenoptera antiqua, Lampra mirifica, Anthaxia cichorií, A. mendizabali
ecc. (Fig. 3,4,5) (Contarini, 1985b, 1991). Nei
balzi assolati cosparsi di relitti vegetazionali della "macchia
mediterranea", tra Lecci e Terebinti, tra Ginepri oxicedri e Peri
corvini, alcune delle specie appena citate
di Coleotteri xilofagi raggiungono su queste rocce gessose
uno dei punti più settentrionali della loro diffusione
italiana, quando non il punto europeo più a nord in assoluto come per
il piccolo Buprestide Agrilus
marozzinii
(non
a caso parassita di Pistacia
terebinthus) (Contarini, 1985b). Nelle
radurette di vetta, già più ventilate e un po' meno
"mediterranee" rispetto ai dirupi sottostanti, non è raro
incontrare anche il grande Cervo volante (Lucanus
cervus)
e una delle grosse specie di Cerambice della quercia: Cerambyx
miles (Fig. 6). Inoltre,
nei praticelli soleggiati e
nelle garighe calde e riparate dai venti settentrionali, brulica
a primavera sui fiori e sulle erbe una moltitudine di Coleotteri
delle famiglie Edemeridi, Cantaridi, Crisomelidi,
Coccinellidi, Cleridi, Alleculidi, Dascillidi, Bruchidi,
Mordellidi, Malachidi, Elateridi, Curculionidi. Tra gli appartenenti
a quest'ultima vastissima Famiglia, non mancano
specie interessanti e di pregio biogeografico, spesso anche
abbastanza vistose come Liparus
dirus e L.
coronatus,
qui presenti in aree abbastanza calde ma facenti parte
del gruppo locale degli elementi più europeo-continentali (Fig.
7) (Contarini,
1991). Boschi
e macchie del versante settentrionale Appare
questo l'ambito forse meno ricco di Coleotteri e nello
stesso tempo che presenta anche una notevole percentuale
di specie in comune con la boscaglia cedua del resto
dell'Appennino Romagnolo medio-basso, come risulta
evidente da vari lavori di recente pubblicazione (Contarini,
1985a, 1985b, 1985c, 1986, 1986b, 1992). Qui
appaiono però, oltre agli xilofagi regionalmente più diffusi e
frugali, anche le famiglie geofile, con Pselafidi, Stafilinidi,
Anticidi e specialmente Carabidi, tra cui i Carabi
Carabus violaceus
e C. coriaceus (Fíg. 8) che
raggiungono
14 centimetri di lunghezza. A questo importantissimo raggruppamento
di Coleotteri predatori al suolo appartengono
anche alcune specie più piccole ma di notevole valore
scientifico, tra cui primeggia il Carabide "scaritino" Typhloreicheia
mingazzinii, di
recentessima scoperta (Magrini
& Vanni, 1990; Contarini & Mingazzini, in stampa).
Si tratta di un raro endemismo finora conosciuto solamente
del versante settentrionale di Monte Mauro, che tra
l'altro rappresenta il punto più settentrionale di diffusione
del genere Typhloreicheia,
distribuito
nell'area nord-mediterraneo/occidentale.
Nelle chiarie del bosco ceduo (a Roverella, Carpino nero, Frassino
orniello, Sambuco nero ecc.), dove si stende un tappeto prativo erboso
della Graminacea Brachypodium
pinnatum,
già
da febbraio vola in certe annate, radente le
erbe verso sera, lo Scarabeide Rhizotrogus
ciliatus
ssp. vexillis.
Si
tratta di una interessante specie (qui comunissima!) a sviluppo larvale
radicicolo sotto alla cotica erbosa
(Fig,
9) (ContarIni,
1991). Doline,
inghiottitoi, risorgenti, grotte Presso
le forme carsiche, o dentro o appena fuori da cavità
di varia conformazione, si registrano microclimi localizzati
particolarmente fresco-umidi (se fuori, spesso soltanto
per pochi metri!) che offrono, benché non copiosamente,
asilo ad altri Coleotteri geòfili di importante valore faunistico e
biogeografico. Ad esempio, allo sbocco di alcune risorgenti, dovute a torrenti sotterranei che attraversano
da sud a nord la Vena del Gesso, oltre all'acqua
fredda esce anche un alito di aria gelida. Per pochi metri
tutt'intorno il clima diviene così, in questo francobollo di
spazio, di tipo alto-appenninico (montano subatlantico).
Ed ecco i "relitti" faunistici, stavolta di "tipo freddo",
a cui si accennava poc'anzi: Nebria
fulviventris, ad
esempio, è un Carabide endemico dell'Appennino centro-settentrionale
che in Romagna non sembrava scendere
al di sotto dai 1000 metri di altitudine. Invece, insieme
al congenere Nebria
jockischi, di
identiche abitudini anche se a più vasta distribuzione centro-europea,
appare presente presso le risorgenti
sul versante settentrionale (Fig.
10) (Contarini, 1991). Negli
stessi ambienti, un altro endemismo dei Gessi romagnoli appare come relitto di chissà quale antica e ben vasta
diffusione durante i tempi geologici a clima più freddo:
lo Stafilinide Lathrobium
maginii subsp. mingazzinii
(Bordoni,
1986; Contarini & Mingazzini, in stampa). Il microclima
dove queste specie di notevole valore vivono, localizzatissime,
è sottolineato anche dalla flora che vi appare
insediata: Staphylea
pinnata, Scolopendrium vulgare,
Scilla bifolia, tutte
pianticelle che di norma sono infeudate
sull'alto Appennino soltanto (Cantarini, 1991). Ma ancora nell'ambito
della geomorfologia carsica, altri Coleotteri
interessanti sono qui presenti, come i piccoli Carabidi
ipogei Scotodipnus
glaber e
AnilIus
florentínus, che
però spesso colonizzano anche i boschi più freschi sui versanti
a nord; il Leptinus
testaceus (Contarini
& Mingazzini,
in stampa); i Catopidi, pure ipogei, Nargus
badius
badius, Choleva sturmi,
Catops
nigricans,
C. fulginosus, Sciodrepoides
watsoni,
Parabathyscia
fiorii, e,
particolarmente
importante di questa Famiglia, Choleva
convexípennis, endemismo
delle aree e grotte carsiche gessose
del basso Appennino Romagnolo-Bolognese (Zoia, 1986,
Contarini & Mingazzini, in stampa). L'elenco
si potrebbe allungare con l'aggiunta di altre specie, anche di spiccato
interesse, a dimostrazione della ricchezza
che la Vena del Gesso romagnola presenta anche nel campo degli
invertebrati ipogei. Pinete
e cipresseti artificiali La
presenza, raramente consona all'ambiente in esame, di impianti artificiali di pini, cipressi e altre resinose, non favorisce
in alcun modo la coleotterofauna locale che, come
si è visto sopra, predilige ben altri habitat; anzi, spesso
questi boschi artificiali allontanano drasticamente la preesistente
zoocenosi (e in modo pressoché totale quella geofila). Le
formazioni boschive di tale tipo divengono così ambienti azoici dove al
suolo l'artropodofauna in generale
scompare del tutto, scacciata da uno spesso strato di aghi di
pino muffosi. Invece è stato notato che si insedia,
dopo molti anni, una limitata cenosi xilo-dendrofila "specializzata",
formata da alcuni Cerambicidi e Buprestídi,
nonché da un grosso Scarabeide (Contarini, 1985a, 1985c). Per i
Cerambicidi, sul Pino nero e in modo ancor più
accentuato sul Pino domestico si rinviene facilmente (in particolare con
l"` allevamento", già citato, degli stadi
pre-imaginali) Monochamus
gallo-provincialis e
Pogonocherus
perroudí; per
i Buprestidi, con gli stessi metodi appare frequente Chrysobothris
solieri. Infine,
con la diffusione
in quest'ultimo dopoguerra specialmente del Pino
nero, appaiono sempre più frequenti i ritrovamenti di adulti
del grosso Maggiolino marmorato (Polyphylla
fullo)
(Fig. 11). Pascoli
antropozoogeni Sebbene
questo tipo di ambiente, con l'abbandono ormai totale degli allevamenti locali di bestiame al pascolo, sia oggigiorno
ridottissimo o pressoché scomparso, nei pochi pascoli
ancora attivi di vacche o cavalli notevole appare, per l'interesse
faunistico, la presenza degli Scarabeidi coprof
agi, ossia di quelli che usano il letame sparso nei prati per i loro nidi pedotrofici sotterranei (Contarini, 1985c). Tra
le molte specie, comuni in tutto il medio-basso Appennino
Romagnolo, appartenenti ai generi Aphodius,
Onthophagus, Caccobius,
Geotrupes ecc.,
si rinvengono localizzate
sulla Vena gessosa anche diverse altre specie di pregio faunistico e
biogeografico. Ad esempio, Euoniticellus
pallipes, elemento
dei paesi caldo-aridi mediterranei,
molto raro nell'Italia settentrionale; oppure Sisyphus
schaefferi, entità
euro-mediterranea di emergente valore (Fig.
12) (Contarini,
1991). E citato da Zangheri (1966-70) anche
il grosso Scarabeo stercorario Scarabaeus
pius, proprio
dei Gessi di Rivola. Inoltre, altre specie di questo gruppo, tutte di ragguardevole interesse, sono state anche
recentemente rinvenute, come quelle appartenenti al genere Gymnopleurus
(Fig.
13). COLEOTTERI
Fig. 13 - Schema riassuntivo della coleotterofauna dei Gessi romagnoli (da Contarini, 1985). I dati riguardanti la Vena del Gesso (1a colonna) dopo un decennio sono da aggiornare, aggiungendo complessivamente altre 56 specie. I dati riferiti all'intera Romagna (2a colonna), qui posti per confronto (tratti da Zangheri, 1966-70), non risultano più aggiornati. Considerazioni
finali Concludendo
queste brevi note coleotterologiche "su e giù
per la Vena del Gesso" (come suona il titolo di un lavoro
naturalistico di Pietro Zangheri), note valide soltanto a
dare una idea molto approssimativa sul vastissimo argomento,
si spera di avere almeno sottolineato con chiarezza
una cosa: tutti gli elementi faunistici citati nel presente lavoro,
e in modo particolare i "relitti" isolati in qualche angolo
del territorio dei Gessi romagnoli, fanno parte di un grande mosaico
formatosi lungo centinaia di migliaia di
anni. Tutte le specie sono passate, più o meno indenni, tra tante
vicissitudini climatiche, attraverso i tempi geologici, e sono
alfine giunte a noi a testimoniare l'enorme
diversità biotica che anche in pochi chilometri di territorio
emerge in tutta la sua straordinaria ricchezza: oltre 400
specie di soli Coleotteri sono noti per la Vena del Gesso di Romagna; e bisogna tener presente che gli Insetti annoverano
anche localmente altre decine di ordini, spesso molto
vasti e ricchi di specie, come Lepidotteri, Ditteri, Imenotteri,
Ortotteri, tutti raggruppamenti che raccolgono ognuno centinaia di specie già note per la sola Romagna (Zangheri,
1966-70); senza contare che vi sono famiglie ancora
poco studiate e senz'altro sottostimate (Contarini,
1985a). Un patrimonio quindi, anche se poco appariscente agli occhi dei più (ma non dimentichiamo che a livello biologico l'elefante e la formica presentano lo stesso valore...), da conoscere scientificamente meglio, nonché da sottoporre intelligentemente a seria protezione. In parecchi di questi rari biotopi dei Gessi romagnoli, dove abbiamo appena visto tante piccole meraviglie, oggi gareggiano squallidamente i motocross; in altri vengono riversati liquami inquinanti e deiezioni di stalle;, in altri ancora si asporta senza necessità materiale litico... Non vogliamo davvero conoscere il nostro passato e presente per tentare di migliorare il nostro, oggi incerto, futuro? |
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Speleo GAM Mezzano (RA)